La storia di Tivoli

Virgilio nel VII libro dell'Eneide dette l'appellativo Superbum all'antica città di Tibur. Tale motto, Tibur Superbum, campeggia nello stemma cittadino. Le leggende sulle origini di Tibur (1215 a.C.) sono molte. Nelle Origini di Catone il Censore, si legge che la città sarebbe stata fondata da una colonia greca guidata da Catillo di Arcadia. Nel racconto fatto da Solino, Catillo avrebbe avuto tre figli: Tiburto, Corace e Catillo, i quali avrebbero scacciato i Siculi, che costituivano il primo nucleo abitato nella zona dell'altopiano dell'Aniene, ed avrebbero dato alla città restaurata il nome di Tibur, dal nome del più grande dei tre fratelli. I latini poi, per significare lo stato in luogo, usarono la parola Tiburi, anziché Tibur e a poco a poco la denominazione si trasformò in Tibori, Tiboli e infine Tivoli. Si spiega così il nome dei suoi abitanti: Tiburtini (e non Tivolesi).
L'anno di fondazione della città si fa risalire al 1215 a.C., 462 anni prima di Roma; il giorno della fondazione viene celebrato il 5 aprile, riprendendo quanto ipotizzato dallo storico Del Re. Tuttavia la zona fu abitata fin dalla preistoria come testimoniano i numerosissimi siti preistorici risalenti a periodi diversi, in quanto la sua ottima posizione geografica favorì l'insediamento di diversi nuclei. Se nell'età del bronzo la vita nel territorio tiburtino sembra essere limitata a pochi nuclei (Porta Neola, Grotta Polesini, Strada di Pomata, Monte S. Angelo in Arcese), durante l'età del ferro assistiamo al costituirsi di nuclei più o meno consistenti, sparsi in tutto il territorio della città ed in quello circostante.


Ingrandisce foto Acropoli tiburtina

L'urbanizzazione tiburtina (VIII-VII sec a.C.) si verificò quando si manifestò la volontà, da parte di individui di provenienza diversa (Sabini, Equi, Etruschi, Ernici, Marsi), di unirsi per scopi difensivi e d'interesse scegliendo come primo luogo d'insediamento Castrovetere (la Cittadella per i Tiburtini). Si tratta infatti di un luogo particolarmente atto ad essere difeso essendo circondato da precipizi e posto al controllo di un passaggio obbligato: lì il fiume Aniene si restringeva e precipitava in una grande cascata naturale (non quindi la cascata artificiale odierna).
Nel periodo tra il IV secolo ed il 338 a.C. Tibur fu impegnata a guerreggiare con Roma, si schierò infatti con la Lega Latina per contrastare la città rivale che intendeva sottomettere il Lazio. A poco a poco però Roma ebbe la meglio e alla fine tolse ai Tiburtini le città di Empulum e di S.Gregorio da Sassola; con la sconfitta definitiva sotto Pedum (oggi Gallicano del Lazio) fu stipulata la pace con Roma e Tibur divenne città "IMMUNE" (poteva dar rifugio a perseguitati, esiliati ecc.). Nella guerra contro Annibale l'antica Tibur combattè a fianco di Roma tanto che il dittatore romano Quinto Fabio Massimo ordinò che si attuasse a Tivoli la raccolta dei soldati.

Rimasta neutrale nella guerra Sociale e nella nella lotta civile tra Mario e Silla, grazie alla lex Iulia, divenne municipio romano. Dopo la battaglia di Azio (31 a.C.) essendo ormai unico vincitore Ottaviano (fondatore dell' impero col nome di Augusto) Tibur consolidò la sua posizione di centro commerciale e residenziale sfruttando la sua vicinanza con Roma che chiedeva travertino, legname da ardere e per uso navale o edile, bestiame ecc.. Sotto Augusto la città visse un periodo di pace e le colline tiburtine si popolarono di ville splendide come quella di Orazio, di Cassio, di Quintilio Varo, di Manlio Volpisco (i cui resti sono incorporati nell'attuale Villa Gregoriana), di Catullo, di Properzio come già l'avevano avute Cesare e Sallustio. La fama delle villeggiature tiburtine si diffuse nell'impero romano. La città divenne importantissima sotto Adriano (117-138) ch e si fece costruire la sua villa imperiale.
Con il principato di Adriano e degli Antonini Tivoli ebbe un grande sviluppo edilizio tra cui la costruzione dell'anfiteatro di Bleso ed il restauro degli acquedotti; si registrò un incremento demografico.


Ingrandisce foto Porta Saracena

Nell'Alto Medioevo le ondate di barbari, stanziati nell'impero, portarono anche a Tivoli, divenuta sede vescovile, un periodo di decadenza e un calo demografico: le ville romane del suburbio furono abbandonate perché insicure, i terreni circostanti divennero incolti. Per ragioni difensive la popolazione si ritirò dentro le mura urbane. Un documento del 945 attesta che Tivoli in quel tempo era retta da un duca, emanazione del Ducato romano che fin dal VIII sec. si era reso indipendente dal dominio bizantino. Alla fine del X secolo inizio XI, Tivoli scese in guerra contro Ottone III.
Fortemente implicata nelle contese feudali, Tivoli, sempre gelosa della propria indipendenza, ma stretta tra i baroni romani e il feudo benedettino di Subiaco, per sottrarsi al patrimonio vescovile si schierò con i ghibellini; tuttavia questo non le risparmiò di dividersi continuamente in fazioni e di rimanere ostaggio della contesa fra i potenti romani, come i Colonna e gli Orsini.

Nel Basso Medioevo quindi Tivoli e Roma diventarono sempre più nemiche (Roma non sopportava la posizione strategica tiburtina aperta verso l'Abruzzo, le rivendicazioni sui pedaggi, sui tributi, sui diritti di pascolo). Federico Barbarossa, sostenuto da Tivoli, migliorò la fortificazione delle mura cittadine e concesse alla città l'onore di fregiare il vessillo del Comune con l'aquila imperiale.
Nel 1461 Papa Pio II Piccolomini, con la costruzione della Rocca Pia, pose il sigillo conclusivo al periodo comunale e medievale di Tivoli, ottenendo l'attenuarsi delle lotte interne ed il definitivo assoggettamento della città al papato. Proprio durante un soggiorno nella Rocca Pia, nel 1539, Papa Paolo III, approvò la Regola della Compagnia di S.Ignazio di Lojola.

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