Uscendo da Tivoli e percorrendo Viale Arnaldi (con la sua balconata bianca) prima e Viale Cassiano poi in direzione S.Gregorio, superato il parco di Villa Braschi sulla sinistra, ci si imbatte sulla destra in una piccola strada in discesa, senza uscita, chiamata Pomata o anche di Pussiano. Secondo alcuni il nome deriverebbe da Pomone, dea romana che proteggeva i frutteti, che proprio qui, in passato numerosi, costeggiavano questa via rallegrata da stupende abitazioni di facoltosi patrizi romani che avevano scelto questa zona, oltre per il panorama eccezionale che si domina da qui, anche perché l'area era servita da numerosi acquedotti i cui resti è ancora possibile scorgere. La via inizialmente era infatti una strada di servizio dell'Anio Vetus(272 a.c.), prima, e dell'Acqua Marcia (144 a.C.), Acqua Claudia e Anio Novus (41-54 d.C.) dopo.
Fin dal II secolo a.C. sorsero lungo il suo tracciato numerose ville residenziali o di villeggiatura appartenenti a personaggi influenti dell'epoca, successivamente ingrandite e arricchite. A fianco alle imponenti e famose ville attribuite a Bruto e a Cassio infatti, sono ancora oggi visibili lungo la strada di Pomata i resti di almeno altre tre ville. Dopo le due menzionate, la prima che si incontra è quella c.d. "degli Arcinelli" con un terrazzamento con mura poligonali ed un ninfeo in opera incerta. Il nome deriva dal ponte dell'acquedotto dell'Anio Novus ), detto appunto degli Arcinelli, situato al di sopra della villa. A seguire si possono vedere i resti della villa c.d. "di Grotta Papale" attribuita a T.Elio Rubrio Superstite sulla base di una iscrizione ritrovata in loco (Herculi Domestico T.Aeli Rubri Superstitis). Questa dimora, articolata su due terrazze e caratterizzata dalla presenza di una cisterna e di un ninfeo, era una delle più grandi della zona: secondo gli studiosi infatti essa occupava un'area di 23.000 m. Un'ultima villa era situata all'altezza del Ponte di Pussiano. Naturalmente, data l'abbondanza di acqua dovuta agli acquedotti, i giardini di queste dimore erano abbelliti da splendide fontane e ninfei.
Sulla
stessa strada, quasi all'inizio della passeggiata, è possibile inoltre ammirare un emiciclo con sedili
che il Comune di Tivoli fece edificare nel lontano 1750
per permettere ai nobili ed ai turisti, che con le loro
carrozze vi transitavano, di sedersi, riposarsi ed ammirare
il sottostante panorama dell'agro romano. Il posto è noto
come la "Girata delle carrozze". Qui era il limite della
passeggiata tanto amata dai tiburtini per cui in occasione
del giubileo del 1750 furono curati l'ampliamento e l'abbellimento
della strada come ricorda la lapide lì situata:
D.O.M.
CASSIANAM HANC VIAM AMOENITATE CIVIBUS EXTERISQUE IUCUNDAM
AD COMMODIOREM DEAMBULATIONEM CURANTE ALEXANDRO DE SPETIA
MEVANATENSI TIBURTINAE URBIS PROPRAETORE S.P.Q.T. LATIUS APERIUT
COMPLANAVIT ORNAVIT ANNO JUBILAEI MDCCL" (Nell'anno giubilare
1750 il Senato con il popolo tiburtino allargò, spianò e abbellì
questa via Cassiana, gradita ai cittadini e ai turisti per
l'amenità del luogo, onde farne una passeggiata più comoda,
con l'interessamento del vicegovernatore di Tivoli, Alessandro
Di Spezia da Bevagna).
Proseguendo, superata la villa degli Arcinelli,
in località "Due Miglia", si trova una
lapide
che sta a ricordare il fratello di E.R. Franz; essa, collocata
prima dello scoppio del primo conflitto mondiale, riporta
"In questo luogo di pace Ettore Roesler Franz, acquarellista
insigne desiderava ricordato Alessandro fratello suo console
d'Inghilterra. I voti del chiaro maestro reverente adempiva
il suo unico allievo Adolfo Scalpelli .A MCMVIII".
La strada di Pomata infatti era uno dei luoghi preferiti dagli
acquarellisti inglesi e tedeschi dell'Ottocento, una strada
di campagna che si snoda tra ruderi di acquedotti e ville romane, ulivi
secolari ,
cespugli di ginestre, prati dove pascolano greggi di pecore,
a mezza costa sulle colline dei Monti tiburtini. Una vista
mozzafiato sulla villa
dell'imperatore Adriano, sull'ancora integra campagna
romana e i vicini Colli Albani: il tutto è di una bellezza
unica.
A testimonianza dell'antica presenza dell'uomo in questa zona, ricordiamo i ritrovamenti, All'altezza del km 1, di svariati resti di vasi, sia di piccole che di notevoli dimensioni, riconducibili, in parte almeno, all'orizzonte protovillanoviano. Alcuni vasi recano incisioni a fresco di fasce di linee parallele, mentre qualche altro presenta incisioni a secco (dopo una prima cottura del vaso) realizzate asportando la materia con piccoli tratti successivi. Il nucleo qui stanziato va probabilmente messo in relazione con quello coevo localizzato sul vicino Monte S.Angelo in Arcese.
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