La nascita della Villa

Tivoli: anno di grazia 1826. Una spaventosa ondata di piena fa tracimare le acque del fiume Aniene, trascinando via quasi tutte le abitazioni situate nella parte più antica della cittadina laziale. Il disastro induce il governo dello Stato pontificio ad intervenire. Per volere di Papa Gregorio XVI viene deviato il corso dell'Aniene creando, dopo un'ardita galleria, una grandiosa cascata artificiale. Si decide di utilizzare il vecchio letto del fiume e le scoscese pareti che lo serrano per realizzare una fantastica passeggiata. In una natura di grande suggestione, tra formazioni calcaree, grotte, anfratti e resti archeologici, viene creato a Tivoli il parco "Villa Gregoriana".


Ingrandisce foto Vista della grande cascata

Quando il grande geografo dell'età augustea, Strabone, venne nella città di Tibur rimase colpito dalla visione di due straordinari ed unici spettacoli: una fragorosa ed imponente cascata naturale, che strapiombava sotto i templi di Vesta e della Sibilla, e la maestosità dell'immenso Santuario di Ercole Vincitore.
Il fiume Aniene era particolarmente pericoloso nel periodo di piena e difficilmente controllabile per cui spesso straripava con conseguenze più o meno gravi.

Nel 105 d.C., come ci tramanda Plinio il Giovane, la piena fu gravissima così come un'altra molto catastrofica si verificò nel 1826, quando molti edifici furono travolti dalla furia delle acque e molte persone persero la vita.
Da tener presente la particolare conformazione geologica del suolo tiburtino, costituita da travertino non compatto, o meglio detto tufo calcareo, con presenza di molte cavità e condotti naturali il che faceva sì che il terreno fosse una "spugna" che incamerava acqua lungo il corso dell'Aniene per poi espellerla a valle creando oltre alla cascata menzionata anche lo splendido scenario delle cascatelle, oggi non più visibili perché è venuta meno l'alimentazione naturale del sistema idrologico. Probabilmente si decise di intervenire per la deviazione del letto del fiume più per motivi politici (imporre maggiormente il potere pontificio sulla città) che per far fronte a nuove catastrofiche alluvioni.


Ingrandisce foto Cunicoli gregoriani

Alla redazione dei progetti si dette infatti una risonanza mondiale tanto che con i loro elaborati parteciparono alla gara molti architetti stranieri. Quasi tutti i ventitré progetti presentati proponevano la costruzione di muraglioni e argini, deviando le eventuali piene verso emissari, finchè Clemente Folchi ideò di traforare il Monte Catillo.

I cunicoli gregoriani, lunghi 280 m. e con una larghezza variabile di 10 m. all'imbocco e di 7,20 all'uscita, allontanarono così il fiume e quindi il pericolo da Tivoli anche perché con l'acqua deviata si ripristinò il livello del fiume verso i cinque canali che alimentavano molte fabbriche. Il 9 giugno 1832 Gregorio XVI firmò l'ordine di esecuzione dei lavori che non si limitarono alla sola deviazione del fiume ma anche alla costruzione di due vaste piazze (Piazza Rivarola e Piazza Massimo) congiunte dal solido ed elegante Ponte Gregoriano, distrutto nei bombardamenti del 1944 e poi riedificato. La spesa complessiva, calcolata in 284 mila scudi, fu sostenuta per i 3/10 dall'erario, per i 5/10 dai contribuenti dello Stato, attraverso l'istituzione di una addizionale sulla "dativa" di un centesimo sopra l'estimo catastale rustico, e per i 2/10 dalla Comunità tiburtina. Il progetto fu portato a termine in meno di due anni, a partire dal 6 luglio 1832. L'inaugurazione ufficiale avvenne il 7 ottobre 1835: il Papa Gregorio XVI assistette, insieme alla sua corte (fra cui la regina del Regno delle due Sicilie ed il re di Portogallo), da un punto panormaico, detto il " Trono", all'eccezionale salto della cascata artificiale gregoriana, così chiamata come l'omonimo ponte e l'omonima villa.

La bontà dell'opera fu subito riscontrata il 5 febbraio del 1836, quando un'eccezionale piena del fiume fece precipitare una parte della Grotta di Nettuno. Clemente Folchi, così come altri storici, erano sicuri che "se non erano in attività i conicoli si crede con fondamento che una gran parte della città ed il tempio della Sibilla sarebbe stata ruinata nell'alluvione".

All'imboccatura dei cunicoli, al momento della loro escavazione, furono trovati un sepolcreto dell'epoca imperiale con vari monumenti e lapidi, gli avanzi dell'antico Ponte Valerio e i ruderi dell'acquedotto che convogliava le acque dell'Aniene nella Villa di Manlio Vopisco, console romano nel 14 d.C. Della Villa, assai celebrata nei versi del poeta romano Stazio e nelle "Odi" di Orazio, rimangono solo alcuni ruderi, dai quali tuttavia si può arguire la poderosa magnificenza di quella costruzione accessibile appunto dal parco "Villa Gregoriana".

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