Il tempio di Vesta è il monumento più noto della antica Tibur; fu quello che a partire dal '700 fu più ritratto da artisti italiani e stranieri. Il tempio sembra essere stato dedicato a Tiburno, l'eroe che avrebbe dato il nome alla città e il cui bosco sacro (lucus) era localizzato, come ricorda Papinio Stazio, in prossimità delle cascate; per altri invece il tempio sarebbe stato innalzato ad Ercole, il dio protettore dell'antica Tibur; altri ancora sostengono che sia stato dedicato a Vesta; infine alcuni sono propensi a credere che sia stato edificato per la decima Sibilla, la nota Albunea.
Identiche divinità sono state proposte per il vicino tempio
rettangolare. Il tempio rotondo dell'acropoli, detto
di Vesta, per l'eleganza delle sue linee e per il pittoresco
scenario, sopra l'isolato sperone roccioso dell'Acropoli,
è diventato il simbolo della città .
Il culto di Vesta, dea del focolare, era affidato alle
Vestali, sacerdotesse che dovevano tenere sempre acceso
il fuoco sacro al centro del tempio e che ebbero, proprio
nella città, una rappresentante di tutto rispetto: Cossinia,
sepolta poco più oltre l'acropoli sulle sponde dell'Aniene.
La costruzione presenta queste cratteristiche: periptero corinzio
del diametro di m. 14,25, su un podio in calcestruzzo alto
m.2,39 e rivestito in opera quadrata di travertino.
Su di
esso si eleva la cella rotonda
che presenta una sola porta rastremata in alto e due finestre
(resta solo quella di destra) intorno alla quale gira un ambulacro
largo m.2,78 ed abbellito da 18 colonne (ne restano 10) di
ordine corinzio le quali poggiano su una base attica e presentano
18 scanelature la cui profondità sfuma man mano che la colonna
si avvicina al capitello di stile corinzio-italico. Esse infine
sono sovrastate da una trabeazione di travertino ornata da
bucrani e festoni alternati. Nel muro di fondo, è ricavata
una teca, anticamente chiusa da due sportelli di legno.
Si è supposto che qui fosse conservato l'unico dei libri Sibillini rimasto, prezioso testo sacro custodito nell'edificio insieme a un simulacro di divinità. La leggenda vorrebbe infatti recuperata dalle acque dell'Aniene una statua della Sibilla recante in mano il prezioso volume.
Il nome del realizzatore del tempio è inciso sull'architrave ed è LUCIO GELLIO. Il peristilio è ricoperto da un soffitto marmoreo a cassettoni, finemente decorati con rosoni. La costruzione realizzata in travertino, risale alla prima metà del I sec a.C. Nel Medioevo l'edificio venne trasformato, come accadde al vicino Tempio della Sibilla (mutato nella chiesa di San Giorgio), nella chiesa di S.Maria Rotonda con funzioni di diaconia. Il tempio fu poi restituito alla sua primitiva struttura, ma le tracce della sua trasformazione in chiesa si sono conservate in una piccola nicchia della cella dove, agli inizi del nostro secolo, si scorgevano ancora frammenti di pitture cristiane: una figura centrale di Maria Vergine, affiancata da due santi.
Il Sebastiani in "Viaggio a Tivoli antichisima città latino-sabina fatto nel 1825" ricorda come all'interno della chiesa fosse presente un cippo sepolcrale sotto il quale riposavano le spoglie di un giovane francese di nome Mottet, caduto nel 1809 all'interno della Grotta di Nettuno.
Sempre dal Sebastiani riportiamo infine una curiosità riguardo il tempio:
verso la fine del '700 un tale Lord Brìstols, inglese, "meditò di trasportare in Londra gli avvanzi di questo tempio, e ne aprì trattativa col Proprietario della Locanda (Sig. Coccanari), il quale si faceva pur Proprietario del Rudere; si stabilì il prezzo, e se ne sarebbe senza meno effettuato il trasporto, se il Governo di Roma che n'ebbe un sentore non lo avesse tosto impedito".
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