La tomba, risalente al I secolo d.C., era quindi della Vestale Cossinia. Discendente da una nobile famiglia tiburtina la gens Cossinia, la fanciulla fu destinata al sacerdozio di Vesta a Tivoli entrandovi a soli otto anni. Avrebbe dovuto fare il servizio per trenta anni ma poi al termine di esso decise di non tornare a casa, restando nel collegio fino agli ultimi giorni della sua vita. Morì all'età di settantacinque anni e la popolazione le attribuì grandi onori per la sua devozione sincera verso la cura del focolare, tanto che seguì il suo corpo fin dove fu poi cremato e sepolto. A ricordalo è il suo congiunto Lucio Cossinio Eletto che successivamente fece iscrivere l'iscrizione attestante quanto fosse amata dal popolo.
L'archeolo Mancini nel 1929 non trovò resti umani sotto i cinque gradini ma, scavando a occidente, portò alla luce un'altra tomba con tre gradini a piramide (l'inferiore dei quali poggiato sul terzo del monumento della Vestale). Vi trovò uno scheletro di fanciulla morta prima del matrimonio dai denti bianchissimi con accanto al capo una bambola snodabile di avorio adorna di monili (al collo una collana d'oro a maglie grandi, ai polsi dei braccialetti tortili ed alle caviglie dei semplici fili d'oro) e un cofanetto di ambra porta-gioie (oggi custoditi presso il museo Nazionale Romano a Palazzo Massimo a Roma). La bambola ha l' acconciatura come l'imperatrice Giulia Domna, moglie di Settimio Severo, e quindi databile tra il II e III secolo d.C.
A questo periodo si data quindi anche il monumento funerario e di conseguenza anche la sepoltura che è a inumazione e non più ad incinerazione come al tempo della vergine Cossinia.
Il Mancini invece ritenne che i due monumenti fossero un'unica tomba di Cossinia: uno a est con le ossa e l'altro a ovest col cippo e le iscrizioni. Fu un grossolano errore perché lo stile del cippo risale all'inizio del I sec. d.C. ed inoltre non riporta il cognomen gentilizio di Cossina come fu abituale dalla metà del I sec. d.C.. Inoltre non fece l'esame osteologico delle ossa trovate. Sotto il cippo della Vestale Cossinia, il cui corpo dovette essere cremato, perché deceduta non dopo l'età claudia, non fu trovata l'urna con i resti mortali.
Si tratterebbe quindi di due sepolture diverse, forse pertinenti ad un più vasto sepolcreto che si estendeva a valle della Via Valeria sulla riva destra dell'Aniene all'incirca dai cunicoli gregoriani fino a Ponte Valerio.
Per il Prof. Franco Sciarretta le due tombe sono accostate non per motivi di spazio, come sostenuto da Bordenache Battaglia, ma forse per amicizia o conoscenza o parentela. Forse scavando in modo più ampio si riuscirà un giorno a trovare l'urna cineraria di Cossinia.
Per maggiori informazioni sulla tomba della Vestale Cossinia vi invitiamo a leggere il lavoro del prof. Franco Sciarretta, consigliere della Società Tiburtina di Storia e d'Arte, intitolato "Il complesso monumentale detto già di Cossinia, Vestale di Tivoli", che costituisce il n. 6 dei "Quaderni di Archeologia e di Cultura Classica", edito dalla Tiburis Artistica Editrice di Tivoli. Nel volume oltre a un'antologia di testimonianze sulle Vestali e a un'importante relazione geologica sul sito dei due monumenti, a cura dei proff. M.Riccio e F. De Angelis, è presente una ricca documentazione fotografica in bianco e nero, con foto d'epoca (1929-30), ed a colori realizzata da Roberto Giagnoli.
Per informazioni sul libro e per saperne di più ci si può rivolgere direttamente all'autore attraverso mail francosciarretta@yahoo.it