I
Fescennini
Il
mimo
Le
(fabulae) Atellanae
La
satira
Gli studiosi sono piuttosto discordi sull'origine etimologica del vocabolo di questo genere teatrale, nato, secondo alcuni, dall' evoluzione dei "fescennini versus", che ad un certo momento si fusero con le forme di danza sacrale-liturgica di derivazione etrusca. Sono state quindi formulate quattro ipotesi, già a suo tempo condivise dal grammatico Diomede. Secondo la prima il termine risulterebbe in connessione con la scrittura "satyra"; tale ipotesi è però non molto accettabile perché troppo "dotta" e intesa ad accostare, senza prova documentata, alcuna codesto genere letterario all'ambiente dei "Satyri", ossia al dramma satiresco greco con la sola ed unica motivazione di farlo discendere da un "antenato" illustre. Altri avanzano una seconda ipotesi: "satura lanx" per analogia fa pensare al piatto votivo che veniva offerto alle divinità ricolmo di ogni sorta di primizia. Altri invece avanzano una terza ipotesi: "per saturam" avrebbe inteso la caratteristica "farcita" degli spettacoli di questo genere. Ci sono poi studiosi che ritengono valida una quarta ipotesi: l'etimologia del vocabolo si ricollegherebbe all'espressione "lex satura", intendendo alludere alla molteplicità di soggetti presente in una composizione poetica.
Come nel caso delle ipotesi etimologiche avanzate sul termine "fescennino" anche nel caso della "satira"le predette ipotesi etimologiche non si escludono a vicenda; infatti le ultime tre sottolineano la molteplicità e la varietà di argomenti e di espressioni presenti nelle rappresentazioni satiriche: il dialogo, la danza, la musica, il canto, la gesticolazione, su un sottofondo musicale.
Proprio per questa molteplicità in una satira mancava un'azione unitaria.
La molteplicità
di temi caratterizzava la satira più antica di cui
furono i maggiori esponenti Pacuvio ed Ennio mentre quella
più recente aveva un fine moralistico condannando i
vizi e le colpe, orientandosi verso lo psogos (biasimo). Fu
Caio Lucilio, cavaliere nativo di Suessa Aurunca, a dare una
svolta infatti al genere della satira. La sua era una satira
soprattutto politica (era contro gli avversari dell'Emiliano);
scrisse 30 libri di satire ma ci sono pervenuti solo poco
più di 1300 versi. La sua eredità fu raccolta
da Orazio, Persio, Giovenale (soprattutto la satira contro
le donne) e Petronio ("Satyricon"). Livio Andronico
invece, ma non esiste alcuna prova, era dell'opinione che
la satira altro non era se non una forma drammatica indigena,
derivata dalla fusione della musica e della danza etrusca
col genere dei "fescennini".
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