Come
tutti sanno la culla delle Olimpiadi non fu l'antica Roma
o l'Italia ma Olimpia, in Grecia.
All'inizio essa era una semplice pianura dell'Elide molto
ricca d'acqua essendo attraversata da ben due fiumi chiamati
Alfeo e Cladeo. Questa pianura aveva come particolarità
che conteneva un lussureggiante bosco detto Altis; esso verso
il 1000 a.C. fu consacrato, divenendo santuario, al dio supremo
vale a dire a Zeus (per i Greci, Giove per i Romani).
Zeus era il re degli dei e degli uomini e secondo la religione
greca abitava nella sua reggia situata sulla cima del monte
Olimpo con tutte le altre divinità. Per non farsi scorgere
dagli uomini Zeus nascondeva la cima della montagna in una
coltre di nubi. In precedenza tuttavia, verso il VII sec.,
fu costruito sempre in Altis un tempio dedicato ad Hera. Costei,
che i Romani chiamavano Giunone, era la sorella-moglie di
Zeus.
Nel VI sec. sempre a.C. fu edificata un'enorme terrazza nella valle centrale; su tale spianata furono edificati dei tempietti, detti Tesori, i quali custodivano tutte le offerte votive inviate da questa o quella città (polis)ellenica. Ancora oggi alcuni di essi, per l'esattezza 12, sono ancora visibili. Megara, Cirene, Siracusa, Gela erano alcune delle poleis che mandavano offerte votive ad Olimpia.
Qui tuttavia erano stati apportati con il tempo altri cambiamenti:
si era provveduto ad innalzare infatti il Buleuterion ed il
Prytaneion.
Il primo era occupato dal Senato Olimpico; qui
gli atleti giuravano di gareggiare lealmente e di rispettare
tutte le regole previste dalla partecipazione sportiva.
Il
secondo edificio invece serviva ai vari magistrati dell'Elide
per dare udienza ai personaggi importanti; era sempre in questo
edificio che i vincitori delle gare mangiavano per tutta la
durata delle manifestazioni.
Gli atleti si esibivano in uno
Stadio che almeno inizialmente altro non era se non una pista
rettilinea lunga circa 200 m.; gli spettatori si sedevano
lungo i due terrapieni situati ai lati della predetta pista.
Solo nel 570 a.C. il tempio dedicato ad Hera fu rimaneggiato
e ristrutturato in forme molto più eleganti e sontuose.
Successivamente nella cella di questo tempio fu installata
una bellissima statua del grande scultore Fidia dedicata a
Zeus. Anche altri artisti famosi come Prassitele, Lisippo,
Policleto lavorarono qui per innalzarvi statue dedicate agli
atleti vincitori o a monumenti commissionati per voto.
Chiaramente la durata delle Olimpiadi, celebrate fino
al 393 d.C. in quanto l'imperatore Teodosio le soppresse
essendo feste pagane (con l'editto di Tessalonica Teodosio
riconobbe la religione cristiana come religione ufficiale
dell'impero romano e di conseguenza cominciò a
perseguitare la religione pagana) non era come l'attuale.
Le manifestazioni sportive duravano solo 5 giorni.
Il
primo era speso a svolgere riti religiosi.
La mattina
del 2° giorno aveva luogo la corsa dei carri e quindi
quella dei cavalli montati da fantini. Il
premio veniva dato però non all'atleta ma al proprietario
del cavallo.
Nel pomeriggio sempre del 2° giorno aveva luogo il pentathlon
consistente in: lancio del disco, salto in lungo, lotta, lancio
del giavellotto e corsa dei 200 m. Il mattino del 3° giorno
(c'era sempre il plenilunio) era dedicato di nuovo alle cerimonie
religiose tra cui il sacrificio di 100 buoi sull'ara dedicata
a Zeus (ecatombe). Nel pomeriggio invece era dato di gareggiare
agli juniores di età compresa tra i 12 e i 18 anni.
Al mattino del 4° giorno si svolgevano varie competizioni
di corsa tra cui il fondo; il pomeriggio era riservato alla
lotta, al pancrazio (mescolanza di pugilato e lotta), al pugilato.
Il 5° giorno era di chiusura: i vincitori banchettavano
e si facevano altre cerimonie religiose finalizzate a ringraziare
gli dei.
Gli spettatori, che giungevano da ogni parte per assistere
alle Olimpiadi, dovevano per tutto il tempo delle gare dormire
all'aperto o se potevano sotto delle tende; pochissima l'acqua
a loro disposizione; potevano mangiare qualcosa acquistandolo
dagli ambulanti. Vincere un'Olimpiade era per un atleta un
mezzo per divenire famoso e dare la scalata alla carriera
politica come fece Alcibiade.
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