Via Maggiore

E' ancora così chiamata da molti Tiburtini mentre attualmente è stata divisa, nella parte pianeggiante, in due arterie: Via Domenico Giuliani (dalla fontana di Gemma d'imitazione secentesca fino alla confluenza con Via Colsereno) e Via dei Sosii (da Via di Ponte Gregoriano alla suddetta fontana per risalire fino all'innesto con Via del Trevio).
In un passato assai remoto non era compresa nella cinta muraria urbana ma, in seguito all'incremento demografico, con conseguente espansione della città registratosi dal I sec. a.C. fino alla metà del II sec. d.C., il territorio, compreso tra la Rocca Pia e il Palazzo Comunale, fu urbanizzato.

Portale
Ingrandisce foto Portale Palazzo Bandini Piccolomini

L'antica Via Maggiore si snodava lungo un vecchio tragitto che da Piazza Rivarola, attraverso via dei Sosii e via Acquaregna, raggiungeva la valle di Empolum e costeggiava il fiume Aniene anche se in posizione un po' arretrata. In questa via sono stati trovati (durante i lavoro di sterro per edificare) molti reperti di età romana come statue, architravi, muri ecc. a testimonianza che sorgevano ville lungo il fiume. La Via è caratterizzata dalla presenza di maestosi Palazzi che, anche se oggi sono abbastanza decadenti, documentano come nel corso dei secoli in passato altolocate famiglie la scegliessero per fissarvi la propria dimora.

Provenendo da Via di Ponte Gregoriano, si ammira sulla sinistra il palazzo Regnoni-Macera del XVI sec. Molto bello è il portale in pietra. Qui nel 1834 il pontefice Gregorio XVI sostò per osservare i cunicoli scavati sotto il Monte Catillo (finalizzati a convogliare le acque dell'Aniene nella grande cascata salvando così Tivoli dalle inondazioni) e per assistere alla processione della prima domenica di maggio nel corso della quale la Vergine di Quintiliolo lascia il santuario per essere portata nel Duomo. Di rimpetto a detto Palazzo è ubicata una costruzione medievale (casa Viscardi) in cui spicca una finestra centinata opera probabilmente di Angelo da Tibur; svariati sono gli elementi di origine romana riutilizzati. Quindi si passa davanti all'antico ingresso della Chiesa di S.Biagio, situato sempre sulla destra ai N°53/57. Giunti davanti alla Fontana di Gemma (un'ostetrica molto conosciuta dalle partorienti tiburtine) si può o risalire per la salita di Via dei Sosii (al termine della quale sulla sinistra è ubicato il palazzo cinquecentesco dei Lolli di Lusingano costruito sulle antiche Terme di Diana) o continuare diritto per Via Domenico Giuliani. In quest'ultimo caso si nota sulla destra il Palazzo cinquecentesco Bandini Piccolomini (passato poi ai Castrucci e quindi ai Benedetti), residenza dell' arcivescovo di Siena, Francesco, amico dell'illustre Card. Ippolito II d'Este suo protettore. Il portale di questa dimora lascia chiaramente intendere per la sua tipicità che è frutto dell'architetto Sebastiano Serlio (1475-1554): è circondato infatti da semicolonne doriche bugnate.

Palazzo Pacifici
Ingrandisce foto Palazzo Pacifici

Dello stesso periodo, ma ubicato a sinistra, è il Palazzo Croce, iniziato dal Vescovo Marcantonio e terminato da Mons. Andrea. La dimora cinquecentesca, realizzata dalle maestranze impegnate a lavorare a Villa d'Este (Vignola, Ligorio, Vasari), dette ospitalità a pontefici come Paolo IV e Gregorio XIII. Nel corso del tempo divenne di proprietà dei Mancini, di Torlonia, dei Sacchetti; infine fu divisa in due parti appartenenti una ai Pacifici e l'altra ai Giannozzi (quest'ultimi acquistarono la porzione dei Torlonia che avevano a suo tempo portato modifiche alla facciata). Nel palazzo Pacifici si nascose nel 1922 il comunista Bombacci per non essere preso dai fascisti tiburtini (passato poi a militare con il Duce, fu fucilato nel '45).

Davanti a tale edificio nobiliare si apre sulla sinistra il vicolo Torlonia (percorrendolo si giunge a visitare la Chiesa di S.Andrea, sorta sulle antiche Terme di Diana). Colpisce più avanti sulla sinistra la piccola chiesa di S.Antonio Abate (un tempo di S.Bartolomeo apostolo, protettore dei macellai). Neoclassica nella facciata, fu ristrutturata in occasione del passaggio di proprietà del luogo di culto e del Palazzo adiacente all'Accademia Romana dei Nobili Ecclesiastici. Il Palazzo infatti era in passato la sede estiva della citata Accademia il cui protettore fu Pio VI (1717-99) e per questo il suo stemma troneggia sulla facciata del complesso. Qui pernottò S.Filippo Neri nel XVI sec. e più tardi Gregorio XVI nel 1834. Il complesso ora è di proprietà Mariotti. Molto bella è la monocromia decorativa dell'interno, databile al 1794 ed opera di Stefano Tofanelli. Sull'altare maggiore si trova una grande tela del francese Pierre Mignard (1612-1695), raffigurante S.Antonio orante su uno sfondo paesaggistico in cui si individua la cascata di Tivoli. La tela, da notizie certe, era collocata fino al 1726 su un altare secondario ma fu proprio durante il predetto restauro neoclassico che fu spostata sull'altare maggiore per motivi di luce. Vicino il portale (entrando sulla sinistra) è collocata una statua lignea del Santo. L'opera del XVI sec. non è molto artistica; probabilmente fu commissionata dalla corporazione dei Vetturali. In questa via sulla destra, quasi davanti a Via della Limara, al n. 19 si trova il palazzo in cui nacque Igino Giordani nel 1894; una targa commemorativa ricorda l'evento.

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