La charta libertatis di Vicovaro è uno dei più antichi statuti della provincia di Roma. A sottoscriverla furono i feudatari del paese (Francesco, Giacomo Napoleone, Matteo Orsini) e l’università degli uomini vicovaresi che si misero così d’accordo sui diritti e su doveri di entrambe le parti. Lo statuto, vergato in latino, fu sottoscritto il 29 ottobre 1273 presso la corte del castello davanti al giudice e notaio Raynerio che lo autenticò essendo presenti, oltre ai predetti Orsini, anche altri autorevoli personaggi tra cui il Vescovo di Tivoli e naturalmente tutti gli uomini vicovaresi qui radunati dall’annuncio fatto dal banditore e dallo scampanellio delle campane.
Proprio per permettere a tutti gli uomini della terra di Vicovaro di intervenire, fu scelta questa data essendo notorio che in ottobre i lavori agricoli terminavano. Lo stesso fatto che ben tre Orsini furono presenti alla pubblicazione dello statuto lascia capire l’importanza che tale documento aveva.
Nel testo, costituito da 41 capitoli, vengono quindi elencati sia gli obblighi legati al vassallaggio che le immunità e libertà concesse.
Non vengono invece trattati i reati e la loro punizione. Si ribadisce inoltre che l’amministrazione del feudo era di competenza della “curia”, ossia dell’ufficio presieduto dal visconte rappresentante degli Orsini. Il compito di esigere i diritti della curia era affidato ai massari, sotto i cui ordini erano i vassalli. Tra gli obblighi, che i vicovaresi erano tenuti a rispettare, c’era quello prioritario di contribuire, in caso di guerra, ad elevare difese murarie, ad impastare il calcestruzzo ed a trasportarlo con l’altro materiale edilizio al castello. Dovevano combattere con il signore o, in sua vece, con un suo parente o amico. Se il vassallo aveva un asino a disposizione doveva prestarlo una volta a settimana alla curia per sbrigare i vari lavori; se non lo aveva doveva lavorare lui stesso.
Si era inoltre tenuti a dare al signore un castrato, un porco, un agnello ed un capretto ogni cento posseduti.
Per ragioni di spazio non ci dilunghiamo oltre; tuttavia da segnalare è il capitolo 33 concernente la possibilità dei feudatari (con l’ausilio di sei o otto massari) di emendare, aumentare o diminuire i capitoli statuari.
Lo statuto sottolinea quindi come, in un momento storico che vide la nascita dei Comuni in Italia, la comunità di Vicovaro era ancora fortemente subordinata ai propri feudatari pur cercando di rendersi autonoma.
La stipula del documento fu seguita dal giuramento fatto dalle parti che così si impegnavano a rispettarlo anche in futuro a nome proprio e dei posteri.
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