La gastronomia a Vicovaro

La cucina vicovarese scaturisce dallo sposalizio di quella laziale con l’abruzzese. Ottimi le sagne con gli asparagi, le lumache, i frascarelli, la polenta con la cacciagione, le grigliate di carne (che utilizzano esclusivamente i tanti capi di bestiame lasciati liberi a pascolare sui monti locali), i profumatissimi piatti di funghi e tartufi trovati sulle alture circonvicine, la pizza-pane, le ciambelle all’anice ed infine (ma non ultima) la pagnotta vicovarese, prodotta con farina di grano doppio zero, a lievitazione mista (in parte con lievito madre ed in parte con lievito di birra), con una prima lievitazione di circa mezz'ora e una successiva, diretamente sulla spianatoia, di un'ora e mezza o due ore.


Olio d'oliva

Occorre infatti ricordare che il pane di Vicovaro viene esportato giornalmente di buon’ora nei centri limitrofi ed è molto ricercato ed apprezzato. Confezionato nella caratteristica forma di pagnotta con due o più tagli sulla crosta (del peso di circa mezzo chilo o un chilo), ebbe una grande diffusione tra il 1945 ed il 1960 a Tivoli, a Roma ed in altri paesi quando, per soddisfare l'enorme domanada, lavoravano a pieno rimo a Vicovaro ben 18 forni.

Ciò indusse molti fornai vicovaresi a commercializzare la loro rinomata “pagnotta”, impastata a mano, lievitata naturalmente e cotta in forni a legna (utilizzando in particolare legno di ginestra). Ogni mattina donne, uomini e ragazzi, con gli zaini pieni di pangnotte ancora calde, prendevano il primo treno diretto in città per andare a fare le "poste", cioè a vendere il pane a domicilio.
Oggi con la Sagra della Pagnotta si propone di valorizzare e di diffondere il consumo del “vero “ pane di Vicovaro che, anche se non è più rigorosamente impastato a mano e cotto a legna, conserva ancora un gusto particolare.

 

 

 

 

 

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