La storia di Agosta: dalle origini al XIV secolo

I primi abitanti del territorio furono gli Italici (lo attestano i resti nelle località Castellone, Lavoratine e Cisterna) a cui subentrarono i Latini nel X secolo a. C.(resti nelle località di Ruttoli e Cisterna), quindi fu la volta degli Equi sconfitti dai Romani nel 304 a.C. Per colonizzare il territorio fu inviata la Tribus Aniensis. Furono proprio i dominatori del mondo, sotto la repubblica, a costruire grandiosi acquedotti per convogliare le acque dell'Aniene e delle tante sorgenti vicine fino a Roma in continua crescita demografica e quindi bisognosa di rifornimenti idrici. Così nel 272 a.C. si edificò l'Anio Vetus; nel 144 a.C. si iniziarono i lavori per l'acquedotto dell'Aqua Marcia. I primi abitanti di Agosta furono proprio le migliaia di uomini impiegati nella costruzione degli acquedotti.
Con la caduta dell'Impero Romano d'Occidente nel 476 d.C., travolto dalla discesa dei barbari, anche Agosta condivise la sorte degli altri centri urbani della Valle dell'Aniene venendo saccheggiata prima dai Longobardi e in seguito dai Saraceni che fondarono Saracinesco, un paesino posto sulla sommità dell'altura che domina il convento di San Cosimato, da dove scendevano per attaccare e depredare chiunque passasse lì sotto.

Porta Cancellittu
Ingrandisce foto Porta Cancellittu

Caduto l'Impero gli acquedotti, non più oggetto di manutenzione, andarono in rovina mentre gli abitanti della Valle, per meglio difendersi dai continui attacchi dei barbari, scapparono sulle alture in nuovi insediamenti attualmente esistenti e tuttora arroccati sulle colline. Abbandonata alle razzie la Valle dell'Aniene conobbe un periodo di inciviltà da cui si riscosse con l'arrivo di San Benedetto da Norcia. Costui si dette da fare per riunire le popolazioni disperse restituendo loro le regole fondamentali di civiltà; riavviò l'agricoltura introducendo anche la coltura della vite e dell'ulivo. A lui, una volta partito per l'Abbazia di Montecassino, subentrarono i suoi monaci. Fino alla presa di Roma (20 settembre 1870), Agosta come gli altri paesi dell'Alta Valle dell'Aniene visse sotto l'autorità politica e religiosa dell'Abazia sublacense, proprietaria di tutta la Valle in seguito alle donazioni di immobili fatti in suo favore. I terreni quindi erano dell'Abazia che li concedeva in affitto ai contadini.

Notizie di Agosta inerenti le vicende dal VI fino all'XI secolo sono rintracciabili in vari documenti e Bolle Papali. In un privilegio di papa Giovanni XVIII all'Abate di Subiaco, datato 1005, si fa riferimento alla concessione di un "casale che si chiama Augusta, dove si sta costruendo un castello." In un altro documento dell'ottobre 1051 si trova che il castello di Agosta, dove nel 1045 fu stipulato un atto tra l'Abate sublacense e il Vescovo di Tivoli, essendo ultimato, veniva posto da papa Leone IX sotto la giurisdizione dell'Abate di Subiaco (vi rimase per tutto il Medioevo), unitamente al monte su cui il maniero era stato edificato. Non potendo essere presente di persona, visti i vasti possedimenti e i tanti impegni, l'Abate delegò il compito di amministrare Agosta ad un commestabile; a lui i contadini dovevano consegnare la decima del raccolto ogni anno ammassandolo in un casale fortificato per non farlo rubare dopo di che veniva portato all'Abate.

Santuario della Madonna del Passo
Ingrandisce foto Santuario della Madonna del Passo

Col passare degli anni (in modo specifico nell'arco di tempo dal 1145 al 1176) Agosta vide lo scontro tra Filippo, nipote dell'Abate Pietro IV, ed il nuovo Abate Simone di Cassino, che fu imprigionato per qualche tempo nel castello di Agosta per poi essere affidato a Riccardo di Arsoli. Le cose cambiarono quando, ormai liberato, Simone riuscì di nuovo a dirigere l'Abbazia sublacense. Filippo, ormai in disgrazia, perse ogni bene per cui si rivolse per aiuto all'imperatore Federico il Barbarossa.
Nel 1174 un esercito germanico guidato dall'arcivescovo di Magonza assediò il castello di Agosta espugnandolo e incendiandolo.

Altro momento tragico fu vissuto da Agosta nel 1382. Cicco e Cola, figli di Omodio, la loro madre, Maria di Roiate, e Agnese, moglie di Cicco, caddero in disgrazia presso l'Abate di Subiaco avendoli costui considerati dei traditori: avrebbero fatto entrare nel castello di Agosta Nicola Colonna, amico dell'antipapa Clemente VII ed acerrimo nemico dell'Abate sublacense. Ciò aveva causato morti e feriti tra gli agostani mentre il castello era stato gravemente danneggiato. Così gli accusati, pur dichiarandosi innocenti e asserendo che le chiavi del castello erano state consegnate a loro insaputa da un certo Guastalamarca al Colonna, dal tribunale abbaziale furono condannati non solo alla confisca dei beni ma anche alla morte con il taglio della testa.
Fortunatamente nel processo d'appello si riconobbe la loro buona fede e ebbero salva la vita pur dovendo pagare i danni riportati dal castello in seguito all'attacco degli sgherri del Colonna.

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