Tivoli, come già aveva fatto con Ottone III, ora aveva stretto un'intesa con Innocenzo II al quale giurò fedeltà rimettendogli il potere di confermare il rettore del comune e di esercitare la giurisdizione sul distretto tiburtino, impegnandosi a difendere i beni della Chiesa relativi alle fortezze di Ponte Lucano, di Vicovaro, di Boverano ed altre. Papa e Tivoli guadagnarono a vicenda dall'accordo in quanto: Tibur, pur perdendo la completa indipendenza, conservò intatta la sua potenza ed il pontefice con l'alleanza tiburtina aveva un'arma per contrastare i Romani.
Quest'ultimi, dietro istigazione di Arnaldo da Brescia, si ribellarono al Papa ed instaurarono, ad imitazione del comune tiburtino, il loro Senato medioevale in Campidoglio.


Stemma di Tivoli

Poco dopo Tivoli, insieme ad altre città del Lazio, tornò a vincere l'esercito romano ed ospitò il papa Eugenio III, fuggito da Roma prima della sua consacrazione a S.Pietro a causa dei soliti senatori romani che per confermarlo nella carica volevano alcuni riconoscimenti. Il pontefice morì nella città di Tibur nel 1153. Federico Barbarossa, nel tentativo di ripristinare l'autorità imperiale e di regolare i rapporti con il pontefice, giunse a Roma per essere incoronato;

rifiutò di cingere la corona quando i senatori romani gliela offrirono mentre invece l'accettò dalle mani del papa Adriano IV (15 giugno 1155). I romani si ribellarono ed il pontefice convinse l'imperatore ad abbandonare Roma non troppo sicura; si attendarono (28 giugno 1155) a Ponte Lucano. I tiburtini attuarono allora un'altra politica: in corteo giunsero all'accampamento imperiale presso la tomba dei Plauzi e gli offrirono le chiavi della città affidandogliela e quindi di nuovo facendo atto di subordinazione ghibellina. Alle lamentele avanzate da Adriano IV, affermante che da "ab antiquo" il patrimonio di S.Pietro aveva la giurisdizione su Tivoli, Federico gli consegnò le chiavi della città invitando i tiburtini a servire il Papa a cui lui aveva "concesso" Tivoli ma di cui lui solo era il vero signore.
Il Barbarossa volle che Tivoli fosse fortificata per ragioni strategiche contro Roma e concesse alla città di fregiare il vessillo del Comune con l'aquila imperiale.


Ingrandisce foto I muraglioni di Villa d'Este

Con questo vessillo le truppe tiburtine seguirono l'imperatore nell'assedio di Milano nel 1158. Rimasto comune ghibellino, ma cristiano nello spirito, Tivoli difese sempre con i suoi soldati la persona del pontefice contro gli attacchi dei Romani.
L'autonomia cittadina (non più soggetta al patrimonio vescovile) portò nel XII sec. alla crescita di un ceto medio della popolazione tiburtina: una classe mercantile agricola che partecipa all'amministrazione della città.

In questo secolo si costruirono e ricostruirono, seguendo il nuovo stile architettonico romanico, molte chiese: S.Silvestro, S.Stefano, S.Pietro, S.Maria Maggiore, la basilica di S.Lorenzo, S.Biagio, S.Andrea. Tra le opere con cui furono decorate queste chiese spicca il trittico del SS.Salvatore ancora custodito nella cattedrale di S.Lorenzo. Nella prima metà del sec. fu decorata la chiesa di S.Stefano di cui ci resta solo un affresco sulla sinistra riproducente dei crociati che avanzano su di un prato fiorito. Nella seconda metà del XII sec. invece furono realizzati gli affreschi della conca absidale e dell'arco trionfale della chiesa di S.Silvestro per alcuni aspetti molto simili a quelli della cripta del duomo di Anagni.

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