La chiesa di San Pietro apostolo è databile al IV sec. ma nel corso del XVII sec. sarebbe stata ristrutturata dall'inventore del Barocco, Pietro da Cortona. A quel tempo i Barberini possedevano il feudo ed avevano uno di loro (dal 1623) sul soglio pontificio: Urbano VIII. Costui, prendendo nel 1630 possesso ufficialmente di Castel San Pietro, promise agli abitanti locali di ristrutturare la chiesa e delegò il nipote, cardinale Francesco Barberini, a seguire la cosa e finalmente nel 1636 convocò Pietro da Cortona (che già si trovava a Palestrina per provvedere alla ricostruzione grafica del Tempio della Fortuna Primigenia).
Il suo intervento fu radicale: murò l'entrata originaria
situata sul lato a sud e sulla parete, in cui era situato
l'altare, dette ordine di aprire al suo posto il nuovo
varco. Sulla parete opposta fu collocato l'altare.
La pala d'altare (Cristo consegna il gregge a San Pietro, 1633) è opera di Giacinto Gimignani, allievo di Pietro da Cortona.
Fu
poi innalzato un portico davanti l'ingresso; tuttavia, siccome
l'intervento cortonese difficilmente appare dalla lettura
architettonica della chiesa attuale, si può dedurre
che forse Pietro da Cortona si limitò solo a progettare
ma non ad eseguire la ristrutturazione che invece in maniera
massiccia fu poi fatta successivamente nel Settecento, grazie
all'intervento dell'avvocato Stefano Mocci, Protonotaio della Camera Apostolica, membro ecclesiastico della famiglia più importante dell'epoca.
Fu lui a darsi da fare
per assoldare manovalanze eccellenti.
Per la precisione nel
1732 il Mocci convocò molti artisti per affidare loro
la ristrutturazione del sacro edificio.
Fu Placido Costanzi
il pittore che decorò la parte mediana del soffitto
mentre il Michetti curò la ristrutturazione architettonica.
Splendide le due are d'epoca romana riusate come acquasantiere all'ingresso della chiesa.
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