In quel giorno ch'era di Domenica 6 Maggio, si celebrò in Tivoli secondo il vecchio uso la Festa della Madonna detta di Quintiliolo, la cui immagine, veneratissima per antichità e per pie tradizioni, della Chiesicciuola eretta sugli avanzi della Villa di Quintilio Varo si trasporta nella Chiesa Cattedrale, dove è esposta tre mesi alle preghiere dei Cittadini perchè protegga i ricolti delle biade. Ma. questa volta sì pel divieto del Commissario, sì ancora perchè a tempi di calamità publiche mal convenivansi pubblici divertimenti, non fa dato alcun festivo spettacolo degli usati, e nella Festa non v'ebbe altro che la processione e le solite opere di pietà.
Partita la Legione del Garibaldi non finì già lo sgomento de' Tiburtini, conciosiachè e nello stesso giorno 6, e in più altri appresso dovessero vederne di que'soldati o pochi o molti fra loro. E il venire così alla spicciolata e quasi sempre liberi dei loro capi, non fu certamente senza abusi ed inconvenienze molto spiacevoli ed anche dannose alla buona fede e alla tranquillità de' Cittadini. Sopra tutto furono altissime le querele di essi per le violenze dei Garibaldesi nel volersi impadronire di cavalli e di giumenti, tanto se potevano averne nella campagna quanto nella Città.


Ingrandisce foto Porta del Colle

Il che fù poi cagione che senza grandissime difficoltà, e talvolta senza l'uso della forza, non fosse dato al Comune l'averli, quando per servire al bisogno di quella gente gli era mestieri ricercarne. Del deridere poi e del minacciare che facevano qualunque vestisse l'abito ecclesiastico non credo dover dire. Certo se appariva la faccia d'un Garibaldese ti sarebbe stato ben difficile l'abbatterti in ecclesiastici. E furono alcuni i quali anche per più giorni non uscirono di casa: altri che vedendosi in casa propria mal sicuri andarono a starsene in luoghi dove meno si pensasse o nella Città o altrove.

Di questi fu particolarmente il Provicario del Vescovo, Arcidiacono della Chiesa Cattedrale D. Agabito Proli, il quale prima ebbe a perdere il suo cavallo toltogli dalla gente di Garibaldi nel Convento di S. Maria Nova presso al Castello di S. Gregorio, poi ad essere cinto di Guardie insieme con alcuni Religiosi della Missione nella terra di Percile, d'onde non uscì libero che dopo calde lettere del Governatore di Tivoli. Tale insomma era la paura, che non si dubbitò di chiudere il Seminario, e rimandarne i Chierici alle loro case, anche perchè la condizione pubblica si faceva ognora più incerta e spaventevole.
Il qual venire e andare di soldati del Garibaldi era in quei giorni di Maggio molto frequente, perciochè la Repubblica non volendo lasciarsi passare l'opportunità della tregua promessale dal Generale supremo dell' esercito francese, Oudinot de Reggio, amò volgere le sue più formidabili armi contro i Napolitani. E le palme che ne colse prima il giorno 9, nel fatto di Palestrina, poi nell'altro di Velletri il giorno 19, aggiunsero novello splendore a'suoi fasti, secondo le grandi cose che ne dicevano ne scrivevano i Demagoghi
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