La mattina dopo la suocera portava il caffè a letto agli sposi e, dopo che essi si erano alzati. … ispezionava il talamo per vedere se il matrimonio era stato consumato e la nuora era vergine.
Dopo una settimana c’era “j’ottavariu” (ottavario), si tornava in chiesa e quindi a casa della madre della sposa dove avveniva un altro pranzo (solo i parenti stretti).
Ancora più interessante è conoscere le modalità dei matrimoni tiburtini in un passato ancora più lontano. Nel XVI sec. ad esempio i genitori si dissanguavano per realizzare uno sposalizio anche se il loro censo era piuttosto basso. La dote, seconda della classe di appartenenza, andava da 400 a 1000 scudi, comunque mai sotto i 300.
Il giorno delle nozze la sposa era issata a cavallo e seguita da un corteo; si andava a casa dello sposo ove avveniva un banchetto a base di capponi, lepri, tordi, salsicciotti, galline fagianate, dolci ecc. Venivano serviti vari tipi di confetti, mandorle e … stuzzicadenti. I genitori di lei dovevano restituire la spesa, affrontata dallo sposo, finanziando “le grazie”(un tradizionale pranzo da tenersi in casa dei genitori della sposa entro otto giorno dall’avvenuto matrimonio). Se tale impegno non fosse stato rispettato, avrebbero dovuto pagare al genero una multa di 10 scudi come dichiara lo Zappi in “Annali e Memorie di Tivoli” (a cura di V. Pacifici, Tivoli 1920).
In “Atti e Memorie” della S.T. di storia e d’arte, vol. LVI, Tivoli 1983 apprendiamo che è stato trovato un solo atto privato nuziale databile al XIII sec. mentre sette sono quelli pervenutici del XIV sec. e ben quindici gli atti privati nuziali del XV sec. A Tivoli la stipulazione degli sponsali aveva caratteristiche specifiche da quelle romane. Essa prevedeva:
come 1° atto, la ”promissio parentele”, consistente nel pegno sulla proprietà patrimoniale offerto dalla famiglia dello sposo (i cui genitori e zii impegnavano i propri patrimoni).
In questo momento veniva anche precisata l’entità della dote in monete ed in patrimonio non che il numero e la qualità degli indumenti. A conferma del contratto di parentela le due parti si scambiavano “osculum oris et tactus manum” (il bacio della bocca ed il contatto delle manum; se una genitrice era vedova solo il tactum manum); 100 ducati d’oro era la multa fissata se non si manteneva la promessa.
La data ed il luogo ove celebrare il matrimonio veniva fissata in quest’occasione; i tempi comunque erano brevi.
Come 2° atto, la “donatio propter nuptias”: lo sposo o suo padre dava al padre (o alla sua vedova) della sposa la metà della dote pattuita o già ricevuta consistente in casa e terreni.
Già dalla fine del XIII sec. a Tivoli la ricchezza della dote ed il fasto erano talmente enormi che nel 1308 il Consilium speciale Communis Tyburis intervenne per reprimere il malcostume di simili dispendiosi matrimoni; fissò ad esempio ad un massimo di venti commensali i partecipanti al banchetto nuziale mentre i vestiti della sposa non dovevano essere di valore inferiore alle 40 libbre di provisini.
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