A questo nome rispondono tre personaggi romani, tutti famosi gastronomi. Il più noto è Marco Gavio, detto Apicio, Sec. I d.C., essendo nato nel 25 a.C., operante sotto il regno di Augusto e di Tiberio. Sembra che si fosse suicidato quando si era reso conto di aver sperperato il suo patrimonio in banchetti ma si ignora l'anno della sua morte. Il suo nome è legato ad un trattato di gastronomia, il "De re coquinaria" (sull'arte culinaria)rifatto nel IV sec.d.C.;il "De re coquinaria"secondo alcuni studiosi sarebbe stato scritto da vari cuochi della tarda romanità. Le sue ricette erano molto ricercate ed alcune presero il suo nome specialmente alcune sulle salse e sui dolci. Tra le varie salse inventò l'"esca Apici", da cui deriverebbe il moderno scapece, presente in molte cucine regionali seppure in varie forme.
È invece accertato che scrisse un'opera culinaria tutta dedicata alle salse ed un'altra ai piatti completi. Nel "De re coquinaria",che nella lingua in cui è scritto sarebbe databile intorno al 385 d.C., troviamo sia ricette di Apicio sia quelle di altri gastronomi vissuti in un arco di tempo compreso tra il I sec. a.C. ed il IV d.C. Non sappiamo chi abbia assemblato tali ricette (in tutto 478) ma certamente non era molto colto; importanti sono le annotazioni riportate al margine delle varie ricette per modificarle.
Tale trattato è in dieci libri ognuno caratterizzato da un tema ben specifico ad esempio il nono ed il decimo sono dedicati rispettivamente al mare ed al pescatore; i pesci da cucinare sono proposti dando una serie di salse con cui accompagnarli perché proprio queste erano i "cavalli di battaglia" di Apicio. L'ottavo è invece riservato alla trattazione di come cucinare il cervo, l'agnello, il maiale, la lepre in una parola la carne; il settimo vede la dissertazione sulle vivande prelibate; il sesto è riservato alla cacciagione piumata non che agli animali da cortile (molto ricercata era la carne dei pappagalli, dei pavoni, degli struzzi, dei fenicotteri) con relative salse consigliate; il quinto è totalmente dedicato ai legumi ed alle farine che se ne ricavano (non conoscevano però i fagioli); il quarto libro è definito "pandette" (vocabolo greco che significa contenitore) in quanto raccoglie più trattazioni diverse: ricette per ottenere torte, salse, antipasti, piatti a base di verdure, piatti con frutta cotta e formaggi.
Il tema degli ortaggi sono il perno su cui ruota tutto il terzo libro (Cepuros); qui si spiega come conservare verdure, frutta, legumi e farinacei dall'importante e benefico apporto alimentare. Nel secondo libro (Sarcopets) troviamo ricette molto semplici con cui cucinare la carne tritata utilizzando erbe aromatiche ed altri ingredienti molto poveri. Il primo libro infine è tutto basato sui suggerimenti che spaziano da come conservare le olive verdi per poterne ricavare l'olio alle salse da accompagnare con i tartufi, le ostriche ecc.
Si danno informazioni anche su come conservare a lungo la frutta e la verdura aromatizzandole, la carne; spazio viene dato alla preparazione di vini speciali ed a come far divenire un vino rosso un vino bianco. Attenti poi a saper riconoscere il miele scartando quello peggiore.
La conservazione dei cibi a Roma era infatti un vero e proprio problema poiché in estate faceva caldo ed il resto dell'anno il clima era piuttosto mite.
Per conservare i formaggi di solito si ricorreva all'affumicatura; la frutta fresca veniva invece spalmata con del miele; le carni venivano in genere deidratate; quando Tiberio istituì le salinae si ricorse al metter sotto sale molti alimenti.
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