La frequentazione di Domenico Piolato con questa prestigiosa stamperia e il sodalizio sicuramente avviato con gli impressores - se è chiamato al rogito testamentario di uno di essi - oltre ad una sua certa abilità di stampatore, legittimano l'ipotesi che le due opere stampate a Tivoli nel 1577, oltre alla "licentia de' Superiori", abbiano goduto di autorevoli commendatizie (lo stesso Paolo Blado?) e si pongano nel solco della diffusione di "avvisi" e "raguagli" in voga e già ben sperimentati, quanto a richiesta - e non solo popolare - nella capitale. Siamo dunque alle origini del "giornalismo", con la diffusione di notizie immediate. Così la pubblicazione a Tivoli del "Raguaglio minutissimo del successo della peste di Venezia" di un notaio veneto che, a sua volta, aveva proceduto alla collazione di un nutrito numero di testi, la lunghezza e la minuzia dell'opuscolo, cui si aggiunge il foglio di "gazeta" di Mutio Lumina, portano ad ipotizzare una committenza di carattere colto: nella cittadina laziale interessi di questo tipo potevano destarsi nella casata d'Este e nei diversi cenacoli di dotti riuniti intorno al cardinale Bandini dé Piccolomini. La riprova è letta nella pubblicazione da parte del Piolato, l'anno successivo, delle operette fiorite nel sodalicium, composte da Renato Gentili e dall'ospite francese Thevenet, cui si aggiunge la stampa, quasi in tempo reale, della notizia della sconfitta portoghese nella battaglia dei Tre Re ("Quattro" scrive il Piolato), destinata ad impressionare tutta l'europa e la corte papale.
Seguiamo le attività dello stampatore ancora per alcuni anni. A Roma, nel 1580, pubblica una grammatica latina. Curiosamente, anche quest'opera è segnalata solo nella Biblioteca Comunale "Augusta" di Perugia. Notevole l'osservazione che il capolettera con la lettera G e il cervo, siano identici a quello stampato nell'opuscolo "Ragguaglio minutissimo della peste.". L'esemplare perugino, poi, presenta una serie di probationes calami nei contro piatti, ma all'esterno della copertina in pergamena è l'indicazione, scritta con un tratto di penna assai tenue e sottile, del possessore che sembra possa leggersi "Pier Maria Seracini" detto poi Borghesi, pronipote materno di Paolo V, forse identificabile con il cardinale Pietro Maria Borghesi (o Borgese, Siena 1599 - Roma 1642).
Queste le opere del Piolato stampate successivamente a quelle tiburtine:
Il nostro stampatore, proveniente dall'officina dei Camerari Apostolici Blado, a contatto, in quel di Tivoli, con illustri arcivescovi di potente casata, è ormai notoriamente introdotto nell'ambiente curiale. E la grammatica latina, traslata da Annibal Codret, che stampa a Roma nel 1580 è prodotto della Compagnia di Gesù, come appare nella marca tipografica, nella invocazione di f. 1v, soprattutto nel perentorio "ac iussu superiorum" che indica l'obbedienza richiesta al Piolato dalla Congregazione di cui probabilmente avrà fatto parte quando, dopo la parentesi tiburtina, comincia a stampare in proprio a Roma.
Per saperne di più:
Maria Luisa Angrisani, La stampa a Tivoli nel XVI secolo, con una appendice di Giovanni Sanfilippo, ed. Tiburis Artistica, Tivoli 2010
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