Lo stampatore piemontese Domenico Piolato (o Piolati) nel XVI secolo dota Tivoli di ben cinque opere, che costituiscono l'avvento pionieristico di questa "arte nova" nella città, ideale testa di ponte nella trasmigrazione della stampa da Subiaco a Roma: nel 1577 il "Raguaglio minutissimo del successo della peste di Venezia. Con gli casi occorsi, prouisioni fatte, & altri particolari insino alla liberazione di essa. Et la relatione particolare della publicata liberazione con le solenne et devote pompe" del notaro Rocco Benedetti, e "La liberazione di Venezia" di Mutio Lumina; nel 1578 il rarissimo documento sulla disfatta portoghese "Avisi particolari della battaglia del re di Portogallo, co'l re Malucco. Nella quale sono morti quattro re" quasi "in contemporanea" con l'avvenimento e i due opuscoli segnalati da Renzo Mosti scritti dagli ospiti di casa d'Este: "Breuissima et utilissima istruttione del modo che ha da tener il Cortegiano, o cittadino, per sapersi
rettamente, & convenientemente governare nelle Corti o nella sua Città. Ritratta da i precetti di Plutarco. Per Renato gentili in Tivoli, Appresso Domenico Piolato M.D.LXXVIII Con la licenza de' Superiori" e i "Lucta Tyburtina, ad illustr. Et Reuerendiss. D.D. Aloysium Cardinalem Estensem. Autore Steph. Theueneto Gallo. Tybure, Apud Dominicum Piolatum 1578. Cum licentia Superiorum"
Dalle scarse notizie sulla sua biografia ricaviamo che Piolato fu probabilmente uno di quei tipografi nomadi che si trasferivano da una città all'altra secondo la quantità del lavoro disponibile. All'epoca le condizioni di vita erano durissime a tutti i livelli (apprendisti, lavoranti, torcolieri o maestri) così ben presto gli stampatori si organizzarono in "Fratellanze" (una forma di sindacato ante litteram), in grado di condizionare l'officina dettando condizioni di lavoro più umane, ma rimanendo comunque soggetti ad una preoccupante precarietà sicchè, oltre al necessario girovagare da una tipografia all'altra, ambizione precipua era quella di aprire una bottega in proprio, sogno difficilmente realizzabile mancando delle opportune protezioni.
Già dai primi decenni del secolo XVI convenivano a Roma dal Veneto, dalla Lombardia e dal vicino Piemonte, numerosi artigiani chiamati a sostituire quelli tedeschi che avevano campeggiato nel secolo precedente. Riusciamo a seguire una tenue traccia in un documento che attesta come il Piolato abbia orbitato sempre nel novero degli stampatori. Nel 1574 è infatti presente, primo firmatario, all'ultimo testamento (il secondo, contenuto negli atti dei notari capitolini De Romaulis) del valido collaboratore dei Blado, Ludovico Francalancia da Correggio, ed è citato tra colleghi del calibro del romano Paolo Spada, del bresciano Bartolomeo Tosi, di Tito Eliano proveniente dal Veneto, e di Alberto Albertini da Modena, tutti iscritti alla corporazione degli impressores.
Non sappiamo con certezza se anche Piolato abbia lavorato nella prestigiosa officina che Antonio Blado apriva "in Campo Florae in aedibus D. Io. Baptistae de Maximis", con ogni probabilità la stessa dove, nel secolo
precedente, avevano esercitato l'arte i prototipografi C. Sweinheim e A. Pannartz.
Qui Domenico Piolato rimaneva fino al 1572, a leggere un inventario di beni di Orazio Massimo, ma in questa data la stamperia era già retta dagli eredi di Antonio Blado, morto nel 1567, nominalmente dal figlio Paolo, stampatore pontificio. L'officina dei Blado, infatti, aveva ricevuto l'onore di essere nominata "stamperia camerale" già dal 1535 e la quantità e la qualità delle commesse richiamavano a Roma stampatori da tutta Italia. Accanto alle edizioni ufficiali di bolle, brevi, costituzioni, decreti, motupropri papali, e un gran numero, circa 700, di fogli volanti contenenti bandi, editti, privilegi, mandati, capitoli, si stampavano Mirabilia (opere peculiari dell'editoria popolare, itinerari nati a supporto dei pellegrinaggi che si diffondevano soprattutto in occasione dei Giubilei che, pur dando una prevalenza all'aspetto cultuale, non disdegnavano l'illustrazione delle "meraviglie" di carattere profano, comprese le collezioni di statue antiche delle più illustri casate nobiliari). Si stampavano soprattutto "avvisi" e opuscoli di curiosità popolare, a carattere profano o devozionale e commerciale.
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