Così come ricorda Petronio (primo secolo dopo Cristo) nel Satyricon, XLVIII, i fanciulli la prendevano in giro: Nam Sibyllam quidem Cumis ego ipse oculis meis vidi in ampulla pendere, et cum illi pueri dicerent: «Sibilla, ti thelis?», respondebat illa: «apothanin thelo». (Più volte con i miei occhi ho visto la Sibilla di Cuma che pendeva dentro un'ampolla, e i ragazzi le chiedevano: «Cosa vuoi?» «Voglio morire», lei rispondeva). La Sibilla infine morì, secondo la volontà del dio, quando gli abitanti di Eritre (città dell'Asia Minore, nella Ionia) le mandarono una lettera il cui sigillo era formato con la terra della città in cui si supponeva che fosse nata, donde il nome anche di Sibilla Eritrea identificata appunto dai Romani con la Sibilla Cumana. Perciò la vecchiaia era una caratteristica precipua della Sibilla Cumana, così come venne poi ritratta da Michelangelo, e qui da Raffaello.
Tra tutte le Sibille quella Cumana è quella che si distingue chiaramente, in quanto è contraddistinta anche dai versi della quarta egloga delle Bucoliche di Virgilio, si osservi infatti il cartiglio che regge l'angelo, vicino alla Sibilla stessa, con la scritta, l'unica in latino: «IAM NOV[A] PROGEN[IES]». Si tratta appunto di parole tratte dalla quarta egloga delle Bucoliche di Virgilio, versi 4-7: «Ultima Cumaei venit iam carminis aetas/magnus ab integro saeclorum nascitur ordo./Iam redit et Virgo, redeunt Saturnia regna,/iam nova progenies caelo demittitur alto.» ("Ormai è giunta l'ultima età della predizione cumana, una lunga serie di secoli nasce da capo e ancora ritorna la Vergine, ritornano i regni saturni, ormai una nuova stirpe discende dall'alto dei cieli").
Sono proprio questi versi che hanno fatto attribuire alla Sibilla Cumana la predizione della nascita di Cristo e considerare Virgilio come un mago, anticipatore appunto della venuta di Cristo, nato dalla Virgo, vista come la Madonna, così da essere scelto da Dante come guida per due terzi del viaggio allegorico della Divina Commedia. Virgilio infatti nel Medioevo era considerato come un profeta del Cristianesimo, anche se in suddetta egloga esalta la nascita di un bambino, probabilmente il figlio del console Asino Pollione (già secondo gli antichi commentatori), come inizio di un ordine nuovo di pace e di bontà. Ma le parole di Virgilio vennero considerate la più importante profezia in ambito pagano riletta in chiave cristiana, che spianò la strada al raccordo tra cultura classica e dottrina cristiana dell'Umanesimo. Si riteneva infatti che tutta l'umanità nella fase antica fosse vissuta nell'attesa della "Buona novella" e che Dio, sebbene si fosse manifestato in maniera più diretta ai profeti dell'Antico Testamento, avesse trasmesso frammenti della Rivelazione anche ai pagani, in particolare tramite le Sibille, sacerdotesse e veggenti.
(dicembre 2020)