Tale rappresentazione ebbe poi molto successo nelle raffigurazioni artistiche successive (dipinti, affreschi, etc.) come vediamo in questa raffigurazione ambientata nei Paesi Bassi o meglio in un ambiente prettamente nordico, per architettura, sfondo e foggia degli abiti dei personaggi. Non mancano anche nella nostra città raffigurazioni della Sibilla Tiburtina, citiamo La Sibilla Tiburtina e la sua profezia sulla nascita di Cristo, affresco nel sottarco del presbiterio della Chiesa di S. Giovanni Evangelista, opera appunto del cosiddetto "Maestro di Tivoli", databile dopo il 1 dicembre 1481 (probabilmente 1483) e La Sibilla Tiburtina predice ad Augusto la nascita di Cristo, affresco della scuola di Taddeo e Federico Zuccari, ultimo quarto del XVI secolo, Palazzo Comunale, sala San Bernardino.
Non pensiamo però che la figura della Sibilla Tiburtina sia nata nel Medioevo, in quanto nell'antica Tibur particolarmente importante e solamente inferiore al culto di Ercole fu la figura di Albunea, dalle spiccate personalità oracolari, tale da essere inclusa, come decima, nel numero delle Sibille, le profetesse dell'antichità. Vergini longeve o addirittura immortali, che davano responsi, molte volte di difficile interpretazione presso una fonte sacra o in un antro. Il nome di Albula ha fatto sorgere confusione con le Acque Albule, ma Albula si riferisca alla bianchezza dell'acqua dell'Aniene quando precipita dalle alte rupi, proprio nell'acropoli di Tibur, dove a lei furono dedicati un bosco, forse uno dei templi presenti nell'acropoli stessa e un antro, identificabile con quella che oggi chiamiamo Grotta di Nettuno, all'interno della Villa Gregoriana.
Così infatti Lattanzio, scrittore cristiano del III-IV secolo nella sua opera Divinae institutiones 1.6.2-3, riporta il brano relativo alle Sibille citando lo scrittore latino Marco Terenzio Varrone (116-27 a.C.): «M. Varrone, certamente la persona più erudita che sia vissuta sia tra i Greci che presso i Romani, nel suo trattato sulle antichità divine, che compilò per C. Cesare, pontefice massimo, nel punto dove parla dei quindecemviri dice che i libri sibillini, a loro affidati, non fossero opera di una sola Sibilla; ma che erano chiamati con il solo nome di sibillini poiché tutte le donne che avevano il dono della profezia erano chiamate Sibille dagli antichi, derivando il nome da quella sola che profetava a Delfi, o piuttosto perché loro erano le interpreti della volontà divina. ... Per altro si contano dieci Sibille e Varrone riporta i loro nomi seguendo gli autori che scrissero su di esse; . la decima fu la Sibilla Tiburtina, di nome Albunea, che veniva venerata a Tivoli come una dea, presso le rive del fiume Aniene. Si racconta che nei gorghi di questo fiume fosse trovata una statua che la raffigurava e che teneva in mano un libro; il Senato allora ordinò che il libro sibillino fosse trasferito nel Campidoglio».
Nulla di più probabile che la Sibilla Tiburtina avesse un tempio proprio sull'acropoli, che crollò per le piene del fiume. Quella zona sacra era particolarmente importante per i Tiburtini che costruirono allora un'enorme sostruzione (ancora oggi esistente) e che fa da base proprio al tempio rotondo, che da alcuni verrà chiamato appunto Tempio della Sibilla.