"La Sibilla Tiburtina predice all'imperatore Augusto la nascita di Gesù Cristo" del "Maestro della Sibilla Tiburtina"

a cura di Roberto Borgia

Il "Maestro della Sibilla tiburtina" (attivo tra il 1475-1495) è un non meglio identificato pittore dei Paesi Bassi, probabilmente di Haarlem, e deriva il nome dall'opera "La Sibilla Tiburtina predice all'imperatore Augusto la nascita di Cristo", olio e tempera su pannello di quercia, cm. 68,9 x 85,7, conservata nello Städel Museum di Francoforte sul Meno in Germania.
Si usa genericamente il termine "maestro", seguito dal nome dell'opera più importante, quando non si conosce o si è in dubbio circa l'attribuzione ad un determinato autore di un'opera. Vicino Francoforte ricordiamo, ad esempio, il "Maestro della passione di Darmstadt" o agli Uffizi il "Maestro della croce 434" o, per rimanere nella nostra città, il "Maestro di Tivoli" per indicare l'autore non identificato degli affreschi della Chiesa di S. Giovanni Evangelista (di fronte l'ospedale) che contiene il ciclo pittorico più importante a Tivoli.
Certamente questo pittore operò a Lovanio, insieme a Dieric Bouts il vecchio (1415-1475), tanto è vero che nel sito dello Städel Museum l'opera è attribuita alla scuola di quest'ultimo pittore. Il cristianesimo primitivo, che ereditò per discendenza idee e sistemi dell'ebraismo, accolse anche le "Sibille", accostandole agli antichi Profeti biblici, visto che esse avevano suscitato in ogni tempo un fascino particolare sull'animo popolare, attribuendo ad esse predizioni mirabili sulla venuta di Cristo. Perciò circa 500 anni dopo la nascita di Cristo incominciarono a girare testi, dapprima in Oriente, poi per tutto l'Occidente, che rivelavano come la Sibilla Tiburtina avesse addirittura predetto all'imperatore Augusto la nascita di Cristo.


Ingrandisce foto La Sibilla Tiburtina predice
all'imperatore Augusto
la nascita di Gesù Cristo

Augusto, essendo stato osannato dal popolo con l'appellativo di Divus, chiese alla Sibilla Tiburtina se fosse opportuno farsi venerare al pari di una divinità. La Sibilla sottopose l'imperatore ad un digiuno di tre giorni al termine del quale gli rivelò il vero Dio, che si sarebbe fatto uomo sotto il suo regno. L'imperatore dedicò un sacrificio al Dio rivelatogli dalla Sibilla, il primo compiuto al Dio vero dal primo dei pagani: in quello stesso luogo, dove si conservava l'ara del sacrificio, venne eretta in seguito una chiesa detta appunto dell'Araceli (ara coeli, cioè ara o altare del cielo). A ricordo dell'evento, per molti secoli, i francescani, cui la Chiesa è tuttora affidata, portavano in processione un'insegna della Sibilla che indicava un cerchio all'interno del quale era rappresentata la Vergine con il bambino in grembo, la stessa visione che la Sibilla aveva svelato ad Augusto.

Tale rappresentazione ebbe poi molto successo nelle raffigurazioni artistiche successive (dipinti, affreschi, etc.) come vediamo in questa raffigurazione ambientata nei Paesi Bassi o meglio in un ambiente prettamente nordico, per architettura, sfondo e foggia degli abiti dei personaggi. Non mancano anche nella nostra città raffigurazioni della Sibilla Tiburtina, citiamo La Sibilla Tiburtina e la sua profezia sulla nascita di Cristo, affresco nel sottarco del presbiterio della Chiesa di S. Giovanni Evangelista, opera appunto del cosiddetto "Maestro di Tivoli", databile dopo il 1 dicembre 1481 (probabilmente 1483) e La Sibilla Tiburtina predice ad Augusto la nascita di Cristo, affresco della scuola di Taddeo e Federico Zuccari, ultimo quarto del XVI secolo, Palazzo Comunale, sala San Bernardino.

Non pensiamo però che la figura della Sibilla Tiburtina sia nata nel Medioevo, in quanto nell'antica Tibur particolarmente importante e solamente inferiore al culto di Ercole fu la figura di Albunea, dalle spiccate personalità oracolari, tale da essere inclusa, come decima, nel numero delle Sibille, le profetesse dell'antichità. Vergini longeve o addirittura immortali, che davano responsi, molte volte di difficile interpretazione presso una fonte sacra o in un antro. Il nome di Albula ha fatto sorgere confusione con le Acque Albule, ma Albula si riferisca alla bianchezza dell'acqua dell'Aniene quando precipita dalle alte rupi, proprio nell'acropoli di Tibur, dove a lei furono dedicati un bosco, forse uno dei templi presenti nell'acropoli stessa e un antro, identificabile con quella che oggi chiamiamo Grotta di Nettuno, all'interno della Villa Gregoriana.

Così infatti Lattanzio, scrittore cristiano del III-IV secolo nella sua opera Divinae institutiones 1.6.2-3, riporta il brano relativo alle Sibille citando lo scrittore latino Marco Terenzio Varrone (116-27 a.C.): «M. Varrone, certamente la persona più erudita che sia vissuta sia tra i Greci che presso i Romani, nel suo trattato sulle antichità divine, che compilò per C. Cesare, pontefice massimo, nel punto dove parla dei quindecemviri dice che i libri sibillini, a loro affidati, non fossero opera di una sola Sibilla; ma che erano chiamati con il solo nome di sibillini poiché tutte le donne che avevano il dono della profezia erano chiamate Sibille dagli antichi, derivando il nome da quella sola che profetava a Delfi, o piuttosto perché loro erano le interpreti della volontà divina. ... Per altro si contano dieci Sibille e Varrone riporta i loro nomi seguendo gli autori che scrissero su di esse; . la decima fu la Sibilla Tiburtina, di nome Albunea, che veniva venerata a Tivoli come una dea, presso le rive del fiume Aniene. Si racconta che nei gorghi di questo fiume fosse trovata una statua che la raffigurava e che teneva in mano un libro; il Senato allora ordinò che il libro sibillino fosse trasferito nel Campidoglio».
Nulla di più probabile che la Sibilla Tiburtina avesse un tempio proprio sull'acropoli, che crollò per le piene del fiume. Quella zona sacra era particolarmente importante per i Tiburtini che costruirono allora un'enorme sostruzione (ancora oggi esistente) e che fa da base proprio al tempio rotondo, che da alcuni verrà chiamato appunto Tempio della Sibilla.

(dicembre 2019)

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