"View of the Falls at Tivoli" di François-Marius Granet
Il pittore François-Marius Granet, nato ad Aix-en Provence il 17 dicembre 1775, dopo aver studiato a Parigi, si trasferì a Roma dove visse dal 1802 al 1824. Gli interni monastici sono soggetti che indagherà senza sosta fino ad arrivare alla massima espressione di questa tematica con la tela Coro dei Cappuccini, da lui dipinto in forse più di dodici versioni, fra cui quella del Metropolitan Museum di New York, tanto è vero che verrà conosciuto come "il pittore dei Cappuccini".
Il successo dell'opera fu tale che il francese venne riconosciuto come uno degli artisti più influenti nella Roma del primo XIX secolo e il suo atelier divenne punto di riferimento per gli influenti stranieri che giungevano nella capitale pontificia.
Questi soggetti lo attrassero in maniera straordinaria tanto che qualche mese dopo il suo arrivo a Roma nel 1802 andrà a segregarsi per un'estate intera nella seconda cripta di San Martino ai Monti: Roma è celata, coperta di secoli e di polvere, Granet perciò si rinchiude nelle cripte e nelle catacombe alla ricerca di un tempo remoto e già perduto. Eppure, accanto a questo tracciato che lo colloca tra i cosiddetti "pittori di storia", François-Marius Granet ne segue parallelamente un altro, inaugurato durante il suo lungo soggiorno nella capitale pontificia, dal 1802 al 1824: Granet scende in strada, nelle campagne, nei giardini, tra i monumenti di Roma, restituendo sulla tela ciò che i suoi occhi catturano attraverso la scelta di un tratto che dà spazio al colore e alla luce mentre sfugge la precisione delle forme. Il termine adatto a lui sarà quello di "Flâneur", parola introdotta dal poeta francese Charles Baudelaire, che indica il gentiluomo che vaga per le vie cittadine, parola non traducibile in italiano nel suo significato pieno.
"View of the Falls at Tivoli"
Il Flâneur è tipico per la sua esplorazione non affrettata dell'ambiente circostante e libera da programmi predefiniti, ed è tipicamente consapevole del suo comportamento pigro e privo di urgenza. E, dopo il ritorno in Francia, questo processo di smaterializzazione si evolve: a partire dal 1824, infatti, l'artista dipinge la bellezza della natura, immortalando Parigi e Versailles in paesaggi che diventano sempre più lirici ed elegiaci, quasi senza materia.
Nel suo soggiorno a Roma, Granet esplorò anche i dintorni e come altri artisti suoi contemporanei ci ha lasciato una serie d'immagini della nostra città, scegliendo punti di vista non convenzionali come questa "View of the Falls at Tivoli", olio su carta riportata su tela, cm. 27,6 x 36,6, a lui attribuito, databile tra il 1808 ed il 1810, conservato nella National Gallery a Londra, ma attualmente non visibile. Una rara visione della cascata che s'intravede soltanto in fondo a destra, mentre ben visibili e in primo piano gli
edifici del borgo Cornuta, in particolare l'ospedaletto, che era vicino alla chiesa di S. Maria del Ponte, della quale invece è visibile solo la parte finale dell'edificio, a sinistra della tela.
Quasi al centro del dipinto la porta di S. Michele Arcangelo, che conduceva da un lato alla strada per Quintiliolo e dall'altro alla strada per Vicovaro, non essendo costruita ancora l'attuale Via Roma (quella che costeggia il bacino artificiale del lago S. Giovanni). Ormai tutto è scomparso!
La porta S. Michele Arcangelo fu abbattuta nel 1888-1889, per permettere il passaggio del landeau di Guglielmo II, imperatore di Germania e re di Prussia, il quale dovette poi rimandare la visita al decennio successivo per uno spaventoso nubifragio che si abbatté sulla zona.
"Kaiser Guglielmo" aveva ritenuto opportuno infatti, dopo la sua ascesa al trono, visitare anche l'Italia, che nel 1882, insieme all'Austria, aveva dato vita alla triplice Alleanza.
Il borgo Cornuta che corrisponde agli edifici dell'ex hotel Sirene trae il suo nome probabilmente proprio dalla strada che si biforcava dopo la porta o meglio dall'ammassarsi nella zona degli animali "cornuti" che venivano fatti sostare prima di transitare sul precario ponte sulla cascata. Il borgo proseguiva poi oltre la porta e gli scavi condotti in occasione della costruzione dei cunicoli gregoriani rilevarono che la zona del borgo Cornuta, posta sotto le pendici del monte Catillo ed il fiume Aniene, era destinata a sepolcreto, proprio perché fuori della città.
Ritornando al dipinto, notiamo che il cespuglio con fiori che s'intravede in primo piano, oltre a portare una nota di colore nel panorama generale, suggerisce che l'opera, dopo uno schizzo preso a Tivoli, può essere stata realizzata da Granet nel suo studio e non en plein air.
aprile 2014