Il portico, l'area in cui si concentravano le funzioni civili del complesso, sembra il luogo destinato alla maggior parte delle statue celebrative e onorarie che si datano in un ampio arco cronologico, che va dall'importante fase del I sec. a.C. alla tarda età imperiale. L'analisi iconografica delle statue provenienti dall'area del teatro ha permesso di individuare un ciclo di statue ideali rappresentanti divinità che ne decoravano la scena. Piccole statue raffiguranti Ercole ornavano le fontane sui due lati della scala di accesso al tempio, moltiplicando nei riflessi dell'acqua l'immagine del dio. Confronti stilistici e iconografici, nonché l'analisi dei marmi, che ha rivelato una significativa presenza del pregevole marmo dell'isola di Paro, attestano consistenti rapporti con il mondo greco e in particolare con l'isola di Delo. Tivoli infatti era una fiorente città a vocazione mercantile ed è facile immaginare che notabili locali, arricchitisi grazie ai commerci con il mondo egeo, si servissero di botteghe di scultori della Grecia insulare.
Nell'esposizione è stato dedicato uno spazio all'illustrazione di particolari tecniche scultoree, quale ad esempio l'assemblaggio di pezzi lavorati separatamente, documentate da numerosi reperti rinvenuti nel santuario.


Ingrandisce foto Statuetta di Ercole giovane

Ricco e interessante il patrimonio epigrafico che il santuario ha rivelato. Sin dall'età rinascimentale basi ed are iscritte, episodicamente rinvenute tra le rovine del complesso sacro, vennero trasportate in diversi luoghi della città di Tivoli, ad ornare chiese ed edifici pubblici e privati, in una dispersione che per buona sorte non ha superato l'ambito territoriale del centro urbano.
Solo un documento, quello che ricorda i magistrati tiburtini costruttori della Via Tecta, fu trasportato a Roma, dove è entrato a far parte dei Musei Vaticani; e ciò in virtù della lunga presenza nel tempo del Governo Pontificio quale proprietario delle fabbriche insediate negli ambienti lungo tale via.

Gli scavi connessi alla realizzazione del Canale Canevari negli ultimi anni del XIX sec.consentirono il rinvenimento di un notevole numero di basi di statue e di donari, integri e frammentari, tutti posti l'uno accanto all'altro, nel tratto nord occidentale del portico dell'area sacra. Tali reperti furono portati a Roma, dove sono stati finora conservati nel giardino del chiostro del Museo Nazionale Romano alle Terme di Diocleziano. Le ultime campagne di scavo, effettuate a partire dagli anni 80 del XX secolo nell'area sacra e nel teatro hanno inoltre riportato alla luce numerosi documenti epigrafici riferibili alla vita del santuario.


Ingrandisce foto Iscrizione onoraria per M.T. Bleso

I testi epigrafici svelano nomi dei protagonisti della storia locale e della vicina Roma. Sui colli tiburtini si estendevano le ville di senatori (per lo più provenienti dalla Spagna) e cavalieri, che spesso ebbero un ruolo nella gestione anche economica del santuario, proprietario di notevoli ricchezze. Il popolo e il senato di Tibur li vollero onorare insieme a famosissimi attori (esibitisi forse nel teatro del santuario), sacerdotesse, donne appartenenti alle famiglie più in vista della città, madri e mogli di notabili locali. Non mancano anche basi recanti statue erette in onore di personaggi di rilievo; tra questi M. Tullius Blaesus che contribuì con 200.000 sesterzi e 200 giornate lavorative alla realizzazione dell' anfiteatro di Tivoli.
Nell'ambito dell'Antiquarium si è cercato di ricreare un tratto del portico, in cui, come in antico, si addensavano basi, statue, donari. Sia quanti onoravano, sia gli onorati stessi trovavano in un luogo di tanto ampia frequentazione il palcoscenico ideale per la visibilità dell'immagine e la memoria dell'azione.

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