Riserva Naturale di Monte Catillo

Istituita nel 1997 a tutela di un gruppo collinare calcareo al limite fra la Campagna Romana e i primi contrafforti dell'Appennino centrale, in continuità con le propaggini meridionali dei Monti Lucretili, la Riserva Naturale di Monte Catillo è un'area protetta di circa 1320 ettari interamente compresa nel Comune di Tivoli.
Essa prende il nome da una cima molto modesta dei Monti Comunali Tiburtini, il Monte Catillo appunto, che si erge fra la via Empolitana e la via Tiburtina presso l'area urbana di Tivoli. Detto monte è facilmente riconoscibile per una croce posta alla sua sommità e per questo viene chiamato dai locali Monte della Croce. Seppur modesto come altura offre un panorama indimenticabile sulla città e sulla Campagna Romana.

Sughereta di Sirividola
Ingrandisce foto Sughereta di Sirividola

Il territorio della Riserva ha ispirato molti artisti del Grand Tour, e non solo, che hanno spesso preso spunto dai magnifici scorci per realizzare le proprie opere, oggi esposte nei musei di tutta Europa. Da menzionare gli acquerelli di Ettore Roesler Franz aventi come tema gli uliveti intorno a Tivoli, presenti anche sul Catillo, o la veduta di Onorato Carlandi nei pressi del Santuario di Quintiliolo.
Oltre ai predetti suggestivi punti panoramici sulla campagna romana, sull'acropoli tiburtina e sulla cascata dell'Aniene è la ricchezza del patrimonio floristico e faunistico di tale area ad aver motivato l'istituzione della Riserva con fini di conservazione e tutela.

Una perla della Riserva è la cosiddetta "Sughereta di Sirividola", un bosco di sughere la cui foglia, stilizzata, è stata usata dagli allievi dell'Istituto Superiore d'Arte di Tivoli per la realizzazione del logo. La Riserva è di particolare interesse anche geologicamente: il substrato è costituito infatti in gran parte da rocce mesozoiche formatesi 100-200 milioni di anni fa, principalmente calcaree ("calcare massiccio") insieme a rocce calcareo-marnose e marne legate all'orogenesi appenninica, con differenziazioni dovute alle modalità di deposizione sui fondali marini. Proprio nelle rocce mesozoiche della Riserva, tra l'altro, sono stati rinvenuti alla fine degli anni Ottanta due nuovi generi di crinoidi (echinodermi, come l'odierno giglio di mare) prima sconosciuti alla scienza.

Sulla cima di Monte Sterparo
Ingrandisce foto Sulla cima di Monte Sterparo

La presenza di rocce calcaree giustifica la presenza di numerose "calcare", particolari fornaci usate fino a pochi decenni fa per "cuocere" i sassi calcarei e preparare la calce per l'edilizia locale utilizzando lo stesso procedimento seguito dagli antichi Romani.

Collegati alle rocce calcaree e alla loro dissoluzione ad opera delle acque superficiali e sotterranee sono i fenomeni di erosione carsica quali doline e "campi solcati", canalette parallele tra loro e separate da lamelle taglienti, una sorta di profonde rugosità sotto le quali l'acqua superficiale scompare per riemergere più a valle. La Riserva è infatti impreziosita dalla presenza di due piccole sorgenti: Fontana Vecchia e Fonte Bologna.

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