Per ovviare ad alcune malattie ginecologiche ed anche agli aborti le consigliava alle sue pazienti nell'VII sec. l'ostetrico Paolo d'Egina; secondo lui esse erano valide anche per curare la menorrea, per guarire la malattie dello stomaco, i vomiti sanguigni. Lo storico Svetonio tramanda che lo stesso imperatore Augusto, sofferente di gotta, si immergeva in esse per prendere bagni salutari; vi arrivava in lettiga da Roma. Egli ne fu tanto entusiasta da ordinare al suo architetto, M. Vipsiano Agrippa (edificatore del Pantheon a Roma), di costruire, presso i due laghetti di acque sulfuree, le terme imperiali poi distrutte dalla discesa dei barbari. Ne rimangono alcune rovine (solo scarsi ruderi dei muri perimetrali) ed alcuni reperti conservati tuttora in alcuni musei della Capitale.
Un altro fruitore illustre delle acque fu il divino Nerone (imperatore della dinastia Giulio-Claudia); costui non si scomodò come aveva fatto Augusto a venire qui in lettiga ma fece convogliare le acque santissime in un canale fino a raggiungere sul Colle Oppio la sua splendida Domus Aurea. Anche il grande Adriano (imperatore della dinastia senatoria) ne fu entusiasta; costui le utilizzò per riempire le svariate magnifiche piscine della sua splendida Villa e provvide anche ad abbellire le terme di Agrippa.
Il fascino di tali acque contribuì a far sì che Zenobia, regina di Palmira, sconfitta dall'imperatore Aureliano e relegata come prigioniera nel 272 d. C. nel territorio tiburtino, risiedesse (sembra) in una villa situata nel territorio intorno al Casale S.Antonio, al centro dei Piani delle Conche, comprendente perciò le sorgenti sulfuree e le terme di Marco Vipsiano Agrippa come ritengono i ricercatori Antonio del Re, Pirro Ligorio, il Volpi ed altri (c'è tuttavia chi ha collocato la residenza di Zenobia nei Colli di S. Stefano, chi nella strada di Pomata, chi in una dependance della villa di Adriano).