Le "Acque santissime" nell'età imperiale

Conosciute fin dai tempi della Roma imperiale, furono definite da Strabone, Galeno, Plinio il Vecchio, Archigene da Apamea (Siria) e Celio Aureliano "Acque santissime" per le loro proprietà curative. In particolare il grande enciclopedista Plinio nelle sue "Historiae" lib. XXXI riferisce che i soldati feriti in guerra venivano condotti, tornando a Roma, presso le sorgenti di queste acque ove riacquistavano la salute. Plinio le consigliava anche per coloro che erano affetti da malattie nervose. Ricorrendo ad esse curavano, essendo imperatore Traiano (dinastia senatoria o degli imperatori adottivi) i medici Archigene e Celio Aureliano. Il medico Archigene invece era fermamente convinto della necessità di bere queste acque santissime subito dopo aver passeggiato e di prima mattina aumentandone la quantità ogni giorno: si iniziava con tre "mine" il primo giorno dopo di che si aumentava la dose fino a berne prima cinque poi sei.

Il lago Regina
Ingrandisce foto Sorgenti acque albule

Secondo il medico siriano infatti la cura era particolarmente efficace perché il sangue si purificava in quanto le acque bevute "lavavano"e purgavano l'intestino e persino la vescica urinaria ne traeva giovamento. Contemporaneo di Archigene era Celio Aureliano; costui invece raccomandava di berle e di immergersi in esse ai malati sofferenti di afflizioni croniche della vescica, di leucorrea, di profluvi seminali.

Per ovviare ad alcune malattie ginecologiche ed anche agli aborti le consigliava alle sue pazienti nell'VII sec. l'ostetrico Paolo d'Egina; secondo lui esse erano valide anche per curare la menorrea, per guarire la malattie dello stomaco, i vomiti sanguigni. Lo storico Svetonio tramanda che lo stesso imperatore Augusto, sofferente di gotta, si immergeva in esse per prendere bagni salutari; vi arrivava in lettiga da Roma. Egli ne fu tanto entusiasta da ordinare al suo architetto, M. Vipsiano Agrippa (edificatore del Pantheon a Roma), di costruire, presso i due laghetti di acque sulfuree, le terme imperiali poi distrutte dalla discesa dei barbari. Ne rimangono alcune rovine (solo scarsi ruderi dei muri perimetrali) ed alcuni reperti conservati tuttora in alcuni musei della Capitale.

Ricostruzione delle Terme di Agrippa
Ingrandisce foto Terme di Agrippa secondo il Canina

Un altro fruitore illustre delle acque fu il divino Nerone (imperatore della dinastia Giulio-Claudia); costui non si scomodò come aveva fatto Augusto a venire qui in lettiga ma fece convogliare le acque santissime in un canale fino a raggiungere sul Colle Oppio la sua splendida Domus Aurea. Anche il grande Adriano (imperatore della dinastia senatoria) ne fu entusiasta; costui le utilizzò per riempire le svariate magnifiche piscine della sua splendida Villa e provvide anche ad abbellire le terme di Agrippa.

Il fascino di tali acque contribuì a far sì che Zenobia, regina di Palmira, sconfitta dall'imperatore Aureliano e relegata come prigioniera nel 272 d. C. nel territorio tiburtino, risiedesse (sembra) in una villa situata nel territorio intorno al Casale S.Antonio, al centro dei Piani delle Conche, comprendente perciò le sorgenti sulfuree e le terme di Marco Vipsiano Agrippa come ritengono i ricercatori Antonio del Re, Pirro Ligorio, il Volpi ed altri (c'è tuttavia chi ha collocato la residenza di Zenobia nei Colli di S. Stefano, chi nella strada di Pomata, chi in una dependance della villa di Adriano).

Nei dintorni

Approfondimenti

    Le guide di Tibursuperbum

    Con il patrocinio del Comune di Tivoli, Assessorato al Turismo

    Patrocinio Comune di Tivoli

    Assessorato al Turismo