Voglio ricordare i 100 anni dalla Prima Grande Guerra invitando tutti a non dimenticare il sacrificio, le sofferenze di tanti Italiani che, non solo al fronte, ma nel Paese tutto si dettero da fare per difendere la Patria.
Nella notte tra il 24 ed il 25 maggio 1915 l'Italia entrò in guerra contro l'impero Austro-Ungarico e nella nostra città furono subito richiamate alle armi molte Guardie Municipali e molti cittadini
L’esercito italiano mobilitò circa 5.000.000 di uomini, di questi ben 203.422 provenivano dalla Regione Lazio. Secondo l’Albo d’Oro del Lazio, non tornarono più a casa, o morirono subito dopo la guerra a causa della stessa, 17.998 cittadini del Lazio, pari all’8,84% dei richiamati in guerra (fonte: http://www.albodorolazio.it/documenti/Fonte.htm)
Nel 1916 a Tivoli fu costituito il 215° Reggimento Fanteria composto, per la maggior parte, da tutti i giovani nati nel 1896-97-98, provenienti dall'Italia Centrale e dal Sud e accasermati presso l'ex edificio di Pantanella. Nel “Corpo dei Vigili urbani” di A. Codazzo e G. Mezzetti a pag. 79-80 è riportato che il giorno della cerimonia (svoltasi nella località odierna Le Sprete), alla presenza del sindaco di Tivoli commendator Rosa Giuseppe e delle autorità, il Comitato di Mobilitazione Civile, offrì ad essi la bandiera del Reggimento. Di tutti questi giovani volontari, inviati al fronte, pochi rimasero vivi.
Monumento ai caduti
Già nel novembre del 1918 il citato sindaco di Tivoli, Giuseppe Rosa aveva proposto la realizzazione di un monumento per onorare i suoi eroici e sfortunati figli, dando l'incarico il 10 dicembre dello stesso anno allo scultore prof. Ierace. Sarebbe stato innalzato in Viale Cassiano dove è ora la stele della Madonna del Serpente ma tale scelta fu accantonata. Col cambio dell'Amministrazione comunale l'incarico al predetto scultore decadde e fu dato allo scultore Carlo Fontana (autore tra l'altro anche della Quadriga dell'Unità al Vittoriano di Roma).
La decisione di realizzare il monumento fu quindi la naturale conseguenza dei sentimenti di dolore e di riconoscenza (tanto diffusi nel primo dopoguerra) per chi aveva sacrificato la propria vita per la Patria e per il bene collettivo. Il sacrario fu fortemente voluto dalla popolazione tutta anche se risultò costosissimo (di fronte ad un preventivo del Fontana di £ 172.000, la spesa arrivò a £ 270. 253,50 di cui £ 150.000 versate dal Comune e £ 120.253,50 dai privati in più occasioni. Il Fontana, riconoscendo l'errore di spesa prevista, rinunciò a 60.000 delle 105.000 a lui dovute). Realizzato in travertino e bronzo, fu inaugurato il 14 dicembre del 1930, nel giardino pubblico di Tivoli vicino Piazza Garibaldi, alla presenza del Re Vittorio Emanuele III, autorità civili, militari e religiose.
Un pensiero particolare va atutti i caduti tiburtini tra cui il ventinovenne artista e ufficiale Adolfo Scalpelli (prese parte alla conquista di Vertoiba che gli valse la Croce di San Giorgio di 3a classe) morto il 23 agosto 1917 sulla Bainsizza e precisamente sul Monte Cavallo; il maggiore Giuseppe Picchioni morto sulla Bainsizza il 29 agosto del 1917, proposto per la medaglia d'oro.
Il mio pensiero va anche a mio nonno, il sergente 18° Regg.to Bersaglieri Vittorio Cresti, medaglia d'argento al valore militare e Croce al Merito di Guerra che fortunatamente riuscì a tornare a casa ma non dimenticò mai quei quattro anni vissuti in trincea e i tanti commilitoni uccisi. Ricordo che finchè è vissuto ha sempre voluto festeggiare il 4 novembre.
Conoscere significa ricordare e non dimenticare.
C'è un testo che meglio di tante parole riesce ancora oggi a rende l'idea dei sentimenti di allora: la paura, la disfatta, la riscossa, l'orgoglio nazionale
La Canzone del Piave
Conosciuta anche come La leggenda del Piave, è una delle più note canzoni patriottiche del nostro Paese. Il testo (del maestro napoletano Ermete Giovanni Gaeta, pseudonimo E.A. Mario) fu composto nel giugno del 1918 subito dopo la battaglia del Solstizio (o Seconda battaglia del Piave) disputata tre il Regio Esercito Italiano e l'Imperial Regio esercito. Detta Canzone, scritta con la funzione di incitare alla battaglia, risollevò il morale delle truppe italiane, al punto che il generale Armando Diaz si complimentò con l'autore inviandogli un telegramma sostenendo che “..la vostra Leggenda del Piave al fronte è più di un generale!” ovvero riconobbe che aveva contribuito a scuotere gli animi dei soldati più delle proprie tattiche militari. Detta Canzone fu pubblicata dall'autore il 20 settembre del 1918, una quarantina di giorni prima della fine delle ostilità.
Nel primo dopoguerra la Canzone contibuì ad idealizzare la Grande Guerra facendone dimenticare le atrocità, le sofferenze e i lutti che l'avevano caratterizzata.
Durante la Seconda guerra mondiale, essendoci stato l'armistizio di Cassibile dell'8 settembre 1943, la Canzone fu adottata come inno nazionale, in sostituzione della Marcia Reale essendo la monarchia italiana contestata per non essersi opposta all'instaurarsi del fascismo.La canzone del Piave fu quindi inno nazionale italiano fino al 12 ottobre 1946, quando fu sostituita dall'attuale inno Il Canto degli Italiani di Goffredo Mameli e Michele Navaro
Ma esaminiamone il testo, costituito da quattro strofe, tutte terminanti col vocabolo "straniero" . Ognuna ha un proprio tema:
nella I la marcia dei soldati italiani per difendere i confini
nella II la ritirata scomposta e dolorosa di Caporetto
nella III la difesa sulla linea del Piave
nella IV il contrattacco finale ed orgoglioso con il raggiungimento della vittoria
Nella prima strofa, il Piave assiste al concentramento silenzioso dell'esercito italiano, nella notte tra il 23 e 24 maggio 1915, quando l'Italia, dichiarata guerra all'Impero Austro-Ungarico, opera il primo attacco contro il nemico, marciando dal presidio italiano di Forte Verena sull'Altipiano di Asiago, verso le frontiere orientali. Molto forte e orgogliosa la conclusione della strofa con l'ammonizione“Non passa lo straniero”, riferita, appunto, ai militari austriaci.
Nella seconda strofa sono condensate la disperazione e l'angoscia causate della rovinosa disfatta di Caporetto o dodicesima battaglia dell'Isonzo, in seguito alla quale il nemico cala fino al fiume provocando sfollati e profughi da ogni parte.
La terza strofa racconta delle vendette nemiche e della risoluzione orgogliosa del Piave che col suo "no" si oppone all'avanzata dell'esercito austro-ungarico e la ostacola gonfiando il suo corso mentre le sue acque diventano rosse per il sangue dei nemici uccisi.
Infine la quarta strofa auspica che, una volta respinto il nemico, oltre Trieste e Trento, con la vittoria tornino idealmente in vita i patrioti Guglielmo Oberdan, Nazario Sauro e Cesare Battisti, tutti uccisi dagli austriaci.
Di seguito il testo
Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio
dei primi fanti il ventiquattro maggio;
l'esercito marciava per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera!
Muti passaron quella notte i fanti,
tacere bisognava e andare avanti.
S'udiva intanto dalle amate sponde
sommesso e lieve il tripudiar de l'onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero.
il Piave mormorò: "Non passa lo straniero!"
Ma in una notte triste si parlò di tradimento
e il Piave udiva l'ira e lo sgomento.
Ahi, quanta gente ha visto venir giù, lasciare il tetto,
per l'onta consumata a Caporetto.
Profughi ovunque dai lontani monti,
venivano a gremir tutti i ponti.
S'udiva allor dalle violate sponde
sommesso e triste il mormorio de l'onde.
Come un singhiozzo in quell'autunno nero
il Piave mormorò: "Ritorna lo straniero!"
E ritornò il nemico per l'orgoglio e per la fame
voleva sfogar tutte le sue brame,
vedeva il piano aprico di lassù: voleva ancora
sfamarsi e tripudiare come allora!
No, disse il Piave, no, dissero i fanti,
mai più il nemico faccia un passo avanti!
Si vide il Piave rigonfiar le sponde
e come i fanti combattevan l'onde.
Rosso del sangue del nemico altero,
il Piave comandò: "Indietro va', straniero!"
Indietreggiò il nemico fino a Trieste fino a Trento
e la Vittoria sciolse l'ali al vento!
Fu sacro il patto antico, tra le schiere furon visti
risorgere Oberdan, Sauro e Battisti!
Infranse alfin l'italico valore
le forche e l'armi dell'Impiccatore!
Sicure l'Alpi, libere le sponde,
e tacque il Piave, si placaron l'onde.
Sul patrio suol vinti i torvi Imperi,
la Pace non trovò né oppressi, né stranieri!