Giuseppe Ungaretti, un grande poeta soldato

a cura di Vittorina Ceci

 Giuseppe Ungaretti nacque ad Alessandria d'Egitto il 10 (8?) Febbraio 1888.

Figlio di una coppia di lucchesi, emigrati in Egitto per la costruzione del Canale, restò orfano di padre a soli due anni, trascorse l'infanzia e la prima giovinezza ad Alessandria d'Egitto dove la madre era proprietaria di un forno alla periferia della città. Dopo aver concluso gli studi nella prestigiosa École Suisse Jacotun, trasferitosi a Parigi  frequentò per due anni la Sorbona, tornò in Italia nel 1914 per prendere l'abilitazione all'insegnamento del francese.

L'amore per la poesia nacque durante quegli anni di scuola, in quell'ambiente esotico a contatto di persone di vara nazionalità e di antiche tradizioni. 

Di idee interventiste, Giuseppe Ungaretti, allo scoppio della prima guerra mondiale, si arruolò volontario nel 19° Reggimento di Fanteria della Brigata “Brescia”. Combattè come soldato semplice sul Carso. In seguito alle battaglie sul Carso scrisse un taccuino di poesie che furono raccolte dall'ufficiale, suo amico Ettore Serra e stampate in 80 copie presso una tipografia della città di Udine nel 1916 con il titolo “Il porto sepolto”. Collaborò a quel tempo anche al giornale di trincea “Sempre Avanti”. Nel 1916 trascorse un breve periodo a  Napoli, (testimoniato da alcune poesie, come “Natale” )

Nella primavera del 1918 il reggimento al quale apparteneva Ungaretti andò a combattere in Francia nella zona di Champagne con il II Corpo d'armata italiano del generale Albricci. Al suo rientro a Parigi il 9 novembre 1918, nel suo attico parigino, trovò Apollinaire, suo amico, ucciso dalla febbre spagnola

La prima guerra mondiale, vissuta in prima persona da Ungaretti poeta-soldato è “raccontata” liricamente nell’Allegria.
Nella guerra, l’uomo è posto di fronte a situazioni, esigenze, sentimenti drammatici, avverte costantemente la presenza della morte e forte come non mai l'attaccamento alla vita..
Una condizione esistenziale così scarnificata, essenziale come le pietre del Carso (scenario agli eventi bellici), richiede un' espressione di rottura caratterizzata da una metrica frantumata, fatta di “versicoli” che spesso sono costutuiti da una sola parola spoglia e nuda, come nudo e inerme è l’uomo di fronte alla guerra. Ecco perchè la sperimentazione attuata nell’”Allegria” dal poeta comporta:
-la disgregazione delle forme metriche tradizionali, in particolare dell’endecasillabo e del settenario;
-l’abolizione della rima;
-il rilievo concesso a parole prive di pregnanza semantica (come gli articoli, le congiunzioni o le preposizioni);
-l’abolizione della punteggiatura e dei nessi logici.
-lo spazio bianco domina nella pagina per sottolineare l’importanza delle pause e con esse il rilievo delle poche parole che interrompono il silenzio.


Di seguito le sue più note poesie legate agli anni della Grande Guerra


Sono Una Creatura


Come questa pietra
del S. Michele
così fredda
così dura
così prosciugata
così refrattaria
così totalmente
disanimata

Come questa pietra
è il mio pianto
che non si vede

La morte
si sconta

vivendo.

 

Soldati
Bosco di Courton luglio 1918 

Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie.

 

Dormire
Santa Maria La Longa, 26 gennaio 1916

Vorrei imitare
questo paese
adagiato
nel suo camice
di neve.

 

VEGLIA
 Cima Quattro il 23 dicembre 1915 

Un'intera nottata 
buttato vicino 
a un compagno 
massacrato 
con la sua bocca 
digrignata 
volta al plenilunio 
con la congestione 
delle sue mani 
penetrata 
nel mio silenzio 
ho scritto 
lettere piene d'amore 
Non sono mai stato 
tanto 
attaccato alla vita


FRATELLI

Mariano il 15 luglio 1916 

Di che reggimento siete 
fratelli? 
Parola tremante 
nella notte 
Foglia appena nata 
Nell'aria spasimante 
involontaria rivolta 
dell'uomo pres
ente alla sua 
fragilità

 

AGONIA

Morire come le allodole assetate 
sul miraggio 
O come la quaglia 
passato il mare 
nei primi cespugli 
perché di volare 
non ha più voglia 
Ma non vivere di lamento 
come un cardellino accecato

 

FRATELLI

San Martino del Carso 
Valloncello dell'Albero Isolato il 27 agosto 1916 

Di queste case 
non è rimasto 
che qualche 
brandello di muro 
Di tanti 
che mi corrispondevano 
non è rimasto 
neppure tanto 
Ma nel cuore 
nessuna croce manca 
E' il mio cuore 
il paese più straziato


ALLEGRIA DI NAUFRAGI
Versa il 14 febbraio 1917 


E subito riprende 
il viaggio 
come 
dopo il naufragio 
un superstite 
lupo di mare


MATTINA
 (Santa Maria La Longa il 26 gennaio 1917)

M'illumino 
d'immenso.

 

Natale
Napoli 1916


Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade

Ho tanta
stanchezza
sulle spalle

Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata
Qui
non si sente
altro
che il caldo buono
Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare.

 

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