Centro della presunta adorazione sarebbe stata una mensa ponderaria, cioè un luogo apposito di misurazione e di stima delle offerte per le varie divinità. L’olandese J.Gruter cita nella sua opera dei tiburtini che in epoca precristiana avrebbero ordinato una lapide consacrata ad Ercole. Il culto del Dio Serpente (contrastato anche durante l’impero romano dalle autorità) fu mascherato col culto di altre divinità di cui era consentita l’adorazione e che avevano tra i simboli il serpente. Ben poco si conosce delle cerimonie che accompagnavano l’adorazione del Dio Serpente, simbolo di vita eterna quando, mordendosi la coda, formava un anello che non aveva né inizio né fine.
A volte lo stesso concetto (vita eterna) era nascosto in un altro simbolo : un “fallum”, simbolo di continuità della specie umana (con l’avvento del Cristianesimo esso inoltre rappresentava il peccato originale commesso nell’Eden). La posizione ad anello del serpente era un’altra prova della sua divinità; infatti anche Platone nel suo Crotalo fa derivare il vocabolo TSEOS, dio, e da TSEEIN, girare circolarmente.
Serafino Guasti, filosofo ed occultista, scrisse tra la fine del XVIII sec. e l’inizio del XIX alcune notizie sul culto del serpente nel territorio tiburtino. Altre informazioni si rintracciano in “Tivoli, città murata” di I. Giordani. Il culto, iniziato intorno al I sec. d.C. lasciò tracce fino al XV sec. Nel XIV sec. infine alcuni adepti della setta scismatica dei “Fraticelli”, religiosi vagabondi inizialmente seguaci di S.Francesco, ottenuto da papa Celestino V di lasciare i conventi, girarono per l’Italia cercando di creare una Chiesa indivisibile e spirituale; corrotti, furono condannati da Bonifacio VIII nel 1302 e scomunicati nel 1317 da Giovanni XXII.
Si avvicinarono agli adoratori del serpente come simbolo del male. Una delle principali sedi dei Fraticelli fu Poli, come ben descrive il Cascioli in “Memorie storiche di Poli”.
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