Un tentativo di pacificazione tra le fazioni tiburtine, che cercavano con ogni mezzo di impadronirsi delle cariche pubbliche, fu fatto nel 1445 con l'intervento del governatore di Roma, mons. Agnense, arcivescovo di Benevento ma fu inutile. Dal gennaio del 1447, per volontà del papa Eugenio IV, Tivoli ospitò Alfonso d'Aragona, conquistatore del regno di Napoli e rimase nella città tiburtina fino al mese di agosto essendo intanto morto il papa ed essendo stato eletto Nicolò V. In occasione del soggiorno tiburtino del sovrano molte personalità vennero qui ad ossequiarlo: Flavio Biondo e Lorenzo Valla tra i molti. Dopo la sua partenza Tivoli avvertì la decadenza a cui lentamente si era avviata in quanto non godeva più della rendita di pedaggio (sua ricchezza da sempre) che era rifiutata da feudatari violenti.


Ingrandisce foto Rocca Pia - Ingresso

Nel 1449 scoppiò una pestilenza devastante a cui si unirono i nefandi effetti di una eclissi solare e di un terremoto che si ripeté nel 1456. Ripresero le divisioni in fazioni e ci furono scontri armati. Il pontefice Calisto III inviò a Tivoli il vescovo di Siracusa, Pietro Bonafede, per riportarvi la pace imponendo giuramento di fedeltà ai capi delle fazioni, riformando lo statuto cittadino e varando la nuova Costituzione siracusana approvata nel 1458 poco prima della morte del papa ma che restò inapplicata.

Nel 1461 con la costruzione della Rocca Pia, voluta dal nuovo pontefice, Pio II, per mettere un freno alle lotte faziose ed attigua all'anfiteatro di Bleso, a Tivoli si pose fine al periodo comunale e medioevale tiburtino crescendo il potere dello Stato della Chiesa. Nuove pestilenze si abbatterono sulla città tanto che la popolazione scese a 2000 persone. Ad iniziativa del vescovo Angelo Lupi nello statuto tiburtino fu inserita la clausola,confermata poi nel 1486 da Innocenzo III, secondo la quale chi si sarebbe trasferito a Tivoli avrebbe avuto esenzioni e privilegi. La città così cominciò a riprendersi.


Ingrandisce foto Campanile romanico

Il 13 luglio 1495 il papa Alessandro VI (un Borgia) passò per Tivoli diretto a Vicovaro per un congresso con Alfonso II re di Napoli e con Virginio Orsini onde prendere accordi sul come difendere i propri Stati dalla discesa del re di Francia, Carlo VIII. Dietro il tradimento dell'Orsini, che passò dalla parte di Carlo VIII, invitandolo a recarsi a Tivoli e a Vicovaro e promettendogli soldati contro il papa, a Tivoli ricominciarono le lotte civili;

la diplomazia di Alessandro VI scongiurò il pericolo di Carlo VIII incontrandolo a Roma accompagnato da pochi soldati e evitando danni gravi. Per ordine del papa poi i tiburtini nel 1496 invasero i feudi del traditore Virginio Orsini appropriandosi di un grande bottino mentre i Teobaldi, i Fornari, i Moroni, esiliati dal pontefice si davano da fare per rientrare in Tivoli. Penetrati infine in città si verificarono cruenti combattimenti tra i partiti dei Colonna e degli Orsini uccidendo persino i bambini. Dalla strage scamparono solo alcuni membri dei Teobaldi e dei Leonini mentre tutti i Fornari (meno un infante) morirono.
L'anno successivo nel 1497 ci fu una battaglia tra Colonnesi ed Orsini nella pianura tiburtina vicino al Casal Battista ed il fosso dei Prati; vinsero i Colonnesi ma, secondo lo storico annalista Zappi, ci furono 4000 morti. Secondo l'altro storico A.Del Re, temendo che il papa Alessandro VI li attaccasse una volta indeboliti, le due fazioni fecero la pace "presso il ponte dell'Acquoria nel giardino di un certo Pietro Mattei, ragguardevole cittadino di Tivoli".

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