Il fiume Aniene, affluente del “biondo Tevere”, secondo lo scrittore Plutarco (nato a Cheronea in Beozia nel 46/48 e morto nel 120 ca. regnando Adriano) era conosciuto come “Parensio” ma in seguito, essendo annegato nelle sue acque il re degli Etruschi, Anio o Annio, aveva cambiato il suo nome in Aniene.
Questo re aveva una figlia molto bella, Salea, a cui era molto legato; un brutto giorno la fanciulla fu rapita da uno spasimante, Càteto, capitano della guardia regia.
Quando Anio seppe del rapimento radunò un certo numero di uomini per dare la caccia all’infame che aveva osato rapire sua figlia.
Era notte quando, noncurante dei consigli dei suoi uomini di attendere l’alba, Anio giunse sulle rive del fiume per guadarlo e proseguire l’inseguimento. Un tremendo temporale interessava la zona e gonfiava le acque fluviali. Anio, incurante del pericolo, spronò il proprio cavallo ad entrare nel fiume Parensio ma ben presto la violenza della corrente lo travolse ed in un baleno cavallo e cavaliere sparirono tra i flutti.
L’amore per sua figlia ed il desiderio di ritrovarla erano stati più forti degli ostacoli che la natura gli aveva posto dinanzi. Da allora, quando il cielo è coperto da nubi e il temporale si scatena, in queste notti in cui la violenza della natura sembra inarrestabile, la leggenda tramanda che, presso le rive dell’Aniene, si sente ancora il lamento di Anio che, angosciato, cerca la sua adorata Salea.
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