Ma mi piace riportare soprattutto un'altra citazione minore quando parla di Pindaro come "cigno dirceo", cioè tebano, in un passo Carmina IV, 25-32, in cui è nominata naturalmente anche la nostra città: "Multa Dircaeum levat aura cycnum, /tendit, Antoni, quotiens in altos/nubium tractus: ego apis Matinae/more modoque/grata carpentis thyma per laborem/plurimum, circa nemus uvidique/Tiburis ripas operosa parvus/carmina fingo". "Un soffio intenso sostiene il cigno di Dirce,/quando vola, Antonio, verso l'alta distesa/delle nubi. Io, per tradizione di stile, /sono l'ape del Monte Matino,/che sugge, nei boschi e lungo le rive umide/di Tivoli, il dolce timo con la fatica/di sempre e così nei miei limiti compongo/un canto laborioso". Ancora un elogio della frutta tiburtina nei Sermones II, 4: "I pomi di Tivoli sono secondi solo a quelli piceni per succo". Ancora Orazio nei Carmina I, 18 scrive a Varo che il vino, preso in modeste quantità, suscita allegria, mentre assunto in quantità smodate, suscita rissosità: "O Varo, non seminerai nessun albero prima della sacra vite / nel mite suolo di Tivoli e presso le mura di Catillo".
La "sacra vite" che permetteva di produrre il famoso vino tiburtino, che come nota il romano Galeno, uno dei padri della medicina, nel commento 3 all'opera di Ippocrate De ratione victus in Morbis Acutis, come anche nel Methodus medendi, XII,4 "Tra i vini di questo tipo i migliori sono il Sorrentino, quello di Segni, il Sabino, il Tiburtino, il Marsico, sicuramente tutti quelli italici e asprigni, non tuttavia allo stesso modo: infatti il vino di Sorrento, benché sia modestamente asprigno, tuttavia è più caldo degli altri e più gradevole; dopo di lui il nobile vino di Tivoli;[c'è pure un altro tipo di vino di Tivoli più leggero], che, come il Sabino, può essere lievemente astringente etc". Infine l'altra celebre citazione che nominando il tempio di Albunea ci porta senza dubbio a stabilire che il tempio sull'acropoli fosse proprio dedicato alla Sibilla Albunea e (forse) quello quadrangolare a fianco proprio a Tiburno, nei. Carmina I, 7, v. 12 sg.: "me nec tam patiens Lacedaemon/nec tam Larisae percussit campus opimae,/quam domus Albuneae resonantis/et praeceps Anio ac Tiburni lucus et uda/mobilibus pomaria rivis." "Io no, non mi commuovono l'austerità di Sparta,/le campagne lussureggianti di Larissa,/ma gli echi che a Tivoli animano/ il tempio di Albunea, il bosco di Tiburno,/ la cascata dell'Aniene e i frutteti/irrorati dal fluire dell'acqua."