Negli anni 1773-75, nella Villa di Cassio a Tivoli, fu portata avanti una campagna di scavi dal tiburtino Domenico De Angelis e Antonio de Matthias (proprietario del terreno), sotto la supervisione di Giovanni Corrodi (ispettore governativo delle antichità) grazie alla quale furono riportati alla luce 33 "pezzi" fra cui spicca, oltre al famoso ciclo di Muse con l'Apollo Citaredo, un mosaico raffigurante una scena nilotica (ritrovato nella terrazza di mezzo).
Il mosaico fu uno dei pochi pezzi che non finirono nei Musei Vaticani. Fu venduto a collezionisti privati e, dopo diversi passaggi di proprietà, oggi appartiene (grazie ad un lascito del 1932 da parte di Mr. F.Emile Andrews, un imprenditore locale) al Museo Nazionale del Galles a Cardiff ed è esposto nella galleria al primo piano, vicino l'entrata principale.
Fino a pochi anni fa si riteneva che il mosaico in oggetto provenisse da Palestrina, probabilmente riconducendolo al famoso mosaico nilotico del Santuario della Fortuna Primigenia;
in realtà esso corrisponde alla descrizione che il De Angelis fece nel suo diario in data 22 marzo 1775: "...un mosaico quadrato di assai buona conservazione, e di bellissimo lavoro rappresentante un passaggio del Nilo, coll'ippopotamo, ed il coccodrillo, essendovi nella barca molte figure, tra le quali un marinaio che col tridente difende il naviglio da quei feroci anfiby".
L'opera, riconducibile alla prima metà del II secolo d.C., è un riquadro di dimensioni 66,5x67 cm in pietre policrome. La scena drammatica raffigurata (la barca arenata sulle spiagge del Nilo con l'equipaggio attaccato da un ippopotamo ed un coccodrillo) è incorniciata in un bordo di ghirlande, fiori, frutti e foglie.
Si tratta di un soggetto particolare che non si riscontra negli altri mosaici nilotici di epoca romana che ci sono pervenuti.
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