Sempre in pericolo per l'erosione del fiume con le varie inondazioni, si ha testimonianza già di riparazioni, insieme al limitrofo ponte, già nel 1387, ma il colpo finale fu assestato dall'incendio provocato il 27 novembre 1835 dai fuochi d'artificio, che erano stati lavorati proprio in alcuni locali annessi alla Chiesa e dove poi rimasero per lungo tempo i meccanismi e gli avanzi della macchina utilizzata, dopo la cerimonia dell'inaugurazione dei cunicoli gregoriani del 6 ottobre 1835.
Certamente per incuria quei meccanismi pericolosi si trovavano ancora lì il 27 novembre 1835, quando la Confraternita fu chiamata per un servizio mortuario e ritornando nella Chiesa un confratello gettò una fiaccola, credendo di averla spenta, nell'angolo della Sacrestia. Bruciarono tutti gli arredi della Sacrestia, tutte le suppellettili e la stanza contigua contenente le vesti di tutti i confratelli, l'incendio poté essere fermato solo a partire dall'alba del giorno seguente, quando ci si accorse dell'incendio
stesso.
Si stavano riparando poi le devastazioni dell'incendio, ma il destino era segnato, quando il 6 febbraio del 1836 una piena penetrò nella grotta di Nettuno, nonostante i cunicoli gregoriani assorbissero la metà della piena del fiume Aniene, distruggendo gran parte della scogliera, che era collegata con quella di fronte e allora venne il timore che potesse essere travolta anche la Chiesa, e siccome fu stabilito che non conveniva economicamente, anzi non si poteva più, conservare la chiesa, tolte le poche suppellettili sacre sopravvissute all'incendio dell'anno precedente, si stabilì di demolirla "fino all'altezza di palmi 15 dal suolo in tutta la circonferenza del fabbricato", perché appunto ritenuta pericolante e di pregiudizio ai lavori nella sottostante grotta di Nettuno sfaldatasi nella piena. La Confraternita fu trasferita nel 1844 nella Chiesa di S. Andrea, visitata da Gregorio XVI nel 1834 e allora fatiscente, dove tuttora sussiste. A S. Andrea fu collocato un affresco proveniente dalla Chiesa
distrutta e che ebbe la sistemazione definitiva nel 1875 nell'altare della navata sinistra, raffigurante la Madonna con il bambino e databile al XV secolo.
Ma ritorniamo alla precedente situazione: dalla Chiesa di S. Maria del Ponte si apriva il Ponte di S. Rocco che permetteva di attraversare la cascata vecchia, spettacolo sempre impressionante per tutti i viaggiatori, più volte caduto e più volte ricostruito. Ci s'inerpicava poi per la salita di Via delle Mole, così chiamata per la presenza di mulini che sfruttando l'acqua del fiume lavoravano il grano o le olive (qualche mola è ancora visibile sotto questa via).
(maggio 2012)