Questa splendida statua velata di Vibia Sabina è di dimensioni maggiori del vero, e rientra (a Villa Adriana vi erano diversi ritratti ufficiali), nel programma politico di Adriano inerente tra l'altro anche l'immagine pubblica dell'imperatrice, affidandola alla ritrattistica, alle epigrafi, alle monete. Spesso infatti troviamo Vibia raffigurata come Concordia o come Venere genitrice o come Demetra-Cerere. Qualcosa di più ci dice l'acconciatura "a nodo" di questa statua. Poiché la stessa effige della sovrana (con la chioma caratterizzata da un nodo di ciocche al di sopra della fronte) compare anche sulle monete, coniate dopo la morte dell'imperatrice, su cui è incisa la parola DIVA (divina), è facilmente intuibile che la statua in oggetto fu realizzata quando lei già era stata divinizzata il che significa collocarne la realizzazione tra il 136 (anno di morte di Vibia) e il 138, anno in cui Adriano morì.
È pur vero che nei ritratti, monete, corniole Vibia appare raffigurata con acconciature diverse (gli studiosi le hanno catalogate in nove tipi)adatte alla zona dell'impero in cui si recava per accompagnare il marito (fu insignita del titolo di Augusta nel 128), durante i suoi continui viaggi. Dopo la sua divinizzazione fu ritratta unicamente con la predetta acconciatura "a nodo" che ben si addice ad una Diva. Quattro sono le fasi delle diverse acconciature in cui la statuaria ritrae la sposa di Adriano. Inizialmente le statue raffigurano la giovane Vibia Sabina con un'acconciatura alla "Plotina", consorte di Traiano.
Non bisogna dimenticare infatti che a Roma le donne di un certo peso politico (incluse le sovrane) facevano e dettavano la moda di come pettinarsi. L'acconciatura alla "Plotina" voleva i capelli raccolti in una coda bassa. Nella seconda fase le statue la raffigurano con i capelli divisi sulla fronte e raccolti in crocchia secondo il modello di sua madre Matidia e della nonna Marciana, sorella dell'imperatore Traiano. In una terza fase Vibia è rappresentata come la dea Afrodite per cui le sue statue sono molto ellenizzanti (sono quelle successive al viaggio compiuto in Oriente). Nella quarta e ultima fase gli scultori ci consegnano raffigurazioni di una Vibia Augusta e Diva.
In quest'ultima fase rientra la restituita statua alta oltre due metri. Contribuiscono a conferirle un aspetto divinizzato: il velo, i tratti idealizzati del volto, il gesto della mano destra che solleva il lembo del mantello (tipico modo di raffigurare i defunti), l'atteggiamento altero. Sembra avere in testa un diadema mentre invece è il doppio nodo dei capelli a dare questa impressione. Tuttavia si ipotizza, tenendo conto dell'effigie di Vibia Diva, riportata sulle monete post mortem, che in realtà sulla testa della statua fosse poggiato un diadema in bronzo dorato: una corona di spighe (in linea con Demetra- Cerere che Vibia personifica).
La statua è abbastanza integra, tranne una sbrecciatura sul bordo del mantello, e non presenta evidenti tracce delle funi e attrezzi utilizzati per trasportarla negli USA dopo il furto clandestino. Il chitone (mantello), che l'avvolge, ora perfettamente bianco, reca residui di colore che fanno pensare che in origine fosse di colore rosso.