Viste le sue immense dimensioni (141 x 188 m) si dovette lavorare sodo per edificarlo (dalla fine del II sec. a.C. all'età augustea) ma si realizzò un capolavoro dell'ingegneria romana con molte innovazioni. Il santuario occupava originariamente un'area molto vasta di 3.000 mq. (paragonabile a quella del Colosseo o della basilica di San Pietro) e si articolava, come altri contemporanei, in tre strutture principali: un teatro (dalla capienza di 3.600 persone) impostato lungo l'asse longitudinale del tempio, che sfruttava il naturale dislivello del terreno; una grande piazza porticata (l'area sacra), centro del sistema, ed un tempio.
Il Santuario era strutturato su due livelli, quello inferiore, dove transitava l'antica via tiburtina, era dedicato al commercio, mentre quello superiore, l'area sacra, era il luogo dedicato al culto di Ercole, dove si radunavano i fedeli venuti a venerare ed interrogare il dio.
L'area sacra, al centro del quale si ergeva il Tempio, all'apparenza era molto semplice nella planimetria ed era circondata su tre lati da portici a due piani sovrapposti affollati da statue e sculture onorarie di personaggi romani e del Lazio e da iscrizioni di chi aveva fatto lavori a beneficio del santuario molte delle quli rinvenute durante gli scavi di fine '800 (rientrano fra tali fattispecie la celebre statua del Generale di Tivoli o la lastra dei "Quattruoviri" che avevano curato la copertura della "Via tecta").
Il primo piano è ancora interamente visibile sul lato nord e mostra una serie di archi inquadrati da semicolonne doriche in opera incerta, con capitello in travertino, e volta a botte.
Sul lato sud si possono trovare le tracce del secondo piano, costituito anch'esso da archi analoghi ma di dimensione doppia, con un colonnato all'interno (c.d. portico duplex), mentre il primo livello risulta ancora interamente interrato. Proprio nella zona prospiciente il portico a sud è stato rilevato un recinto circolare, con diametro di circa 30 metri, pavimentato con cemento idraulico. Si tratta probabilmente, secondo gli studiosi, di un oracolo i cui responsi venivano dati tramite i movimenti degli oggetti gettati nella fonte. Tale ipotesi è avvalorata anche dal fatto che al piccolo "laghetto" si accedeva da un ingresso apposito aperto nel lato meridionale del Santuario e che all'oracolo fa riferimento un passo di Stazio e un'iscrizione. Tale recinto, avvistato durante uno scavo del 1800, fu ritenuto dall'Uggeri (in "Giornata pittorica di Tivoli" del 1806) un luogo "destinato a contener terra vegetabile" e segnalò anche come il piano fosse inclinato "forse per
lasciar lo scolo delle acque superflue".
Fu invece lasciato libero il lato verso Roma (margine Sud-Est), sotto il quale fu realizzata, sfruttando il dislivello del terreno, la citata area teatrale (una gradinata semicircolare). Qui vi era una meravigliosa scenografia naturale: un'ampia visuale sulla campagna romana che spaziava verso i monti Prenestini, i colli Albani e i Monti Cornicolani e un tramonto che ancora oggi lascia senza fiato.