stando alla seconda la "porta del morto "serviva per motivi pratici: essendo troppo ripida la scalinata a due rampe che dall'ingresso principale conduceva al piano superiore, la bara non sarebbe riuscita a girare per cui si preferiva farla passare da questa apertura laterale che in genere immetteva in un locale piuttosto ampio, quale poteva essere una stalla o una bottega artigiana. Da tale apertura in quel tempo passavano sia la salma del familiare defunto sia la persona, caduta in disgrazia della famiglia per questo o quel motivo, la quale, pure essendo viva, veniva considerata "morta" da quel momento in poi per i propri familiari.
Porta del morto
Basta citare un unico esempio di persona
viva ma "morta" per la famiglia: S.Chiara, che, per seguire
S.Francesco, passò per una simile porta così come aveva
fatto lo stesso poverello di Assisi nell'abbandonare la
casa paterna.
Con l'avvento delle Signorie vennero meno le discordie
tra le varie famiglie locali e si sentì il bisogno di
crearsi maggiori comodità abitative per cui lo stretto
pertugio fu murato utilizzando l'ingresso del fondaco
adiacente ed aprendolo solo in occasione di un decesso
seguito dal trasloco del defunto.
A Tivoli invece la struttura della porta del morto approdò piuttosto tardi. I proprietari tiburtini di edifici importanti per circa un secolo, e precisamente dalla seconda metà del XVIII sec. all'Unità d'Italia (Roma capitale 1870), decisero anch'essi di aprire, accanto al portone di ingresso sulla facciata principale, una porta secondaria che aveva le seguenti caratteristiche: era generalmente alta m.1,50 e larga m.0,80 ma la sua soglia non raggiungeva il piano stradale essendo situata a ca. 70-80 cm. da esso.
A Tivoli chiaramente tali porte sono in numero esiguo rispetto a quello presente in tanti altri paesi e per lo più risultano murate o cambiate nella loro destinazione.
Chi volesse saperne di più può consultare gli Atti e Memorie della S.T. di Storia e d'Arte vol.XXXV pagg.211-212.