Etimologicamente il vocabolo "Carnevale" deriva da "carnelevare" cioè "togliere la carne" in quanto il giorno in cui inizia la Quaresima (vale a dire il mercoledì delle Ceneri) occorre astenersi dal cibarsene. Nel periodo che va dal 17 gennaio (giorno in cui si apre il carnevale) al martedì "grasso" (precedente al mercoledì delle Ceneri) ogni scherzo è lecito; è l'ultimo retaggio delle feste pagane che con l'affermarsi del Cristianesimo declinarono. Possiamo senza dubbio di sorta far risalire le origini del Carnevale tiburtino a partire dalla fine del '500 ed esattamente da quando si consolidò la residenza del Cardinale Ippolito II d'Este a Tivoli, che era a quel tempo una piccola cittadina di preti e di contadini. Vi si conduceva una vita semplice e patriarcale; la nobiltà antica si era impoverita ed il clero era troppo austero, disinteressato ed anacronistico. Fu proprio il cardinale Ippolito d'Este a invitare a Tivoli varie personalità nobiliari del tempo per far trascorrere con loro il periodo di carnevale, anche perché in molte case di famiglie nobili tiburtine già si ballava per passare quella festa in lieta compagnia. I tiburtini iniziarono a festeggiare il carnevale con le sfilate dei carri allegorici subito dopo l'unificazione d'Italia; le figure lavorate con la cartapesta risultavano di così ottima fattezza da richiamare veri e propri bagni di folla lungo le vie della città nelle giornate dedicate alle manifestazioni.
Lo strumento musicale adottato dal carnevale tiburtino è il tamburello (molto conosciuto da un vasto pubblico perché accompagna le tarantelle napoletane) suonato un tempo con maestria dalle mani esperte di popolane che si sfidavano in affascinanti gare di tamburellate. La tradizione voleva che la mattina del 17 gennaio fossero proprio i tamburelli a segnare l'inizio delle feste carnascialesche accompagnando dispettose stornellate (canti lirici monostrofici laziali molto brevi ed improvvisati per rispondere meglio e a tono alla stornellata della tamburellara rivale). Questo genere lirico risalirebbe addirittura al Seicento.
Occorre
ricordare però che la prima città italiana ad
organizzare carri allegorici realizzati con la carta pesta
ed animati (non che contornati da persone mascherate) fu Viareggio
nel 1873-74.
Prima dell'unità d'Italia il Carnevale a Tivoli si
svolgeva nell'attuale Piazza Domenico Tani, vicino la Cattedrale,
poiché qui era il cuore del commercio tiburtino. In
questa piazza veniva cremato il pupazzo in carta pesta che
simbolicamente rappresentava il carnevale mentre il giorno
successivo nel duomo si svolgeva la cerimonia dell'imposizione
delle ceneri come riparazione ai peccati commessi durante
il periodo carnascialesco. Dopo
il 1870 la festa della cremazione del Carnevale si spostò
a Piazza della Regina divenuta poi Piazza del Plebiscito.
Nel 1880 fu organizzato, a scopo benefico, un ballo nella
sala consiliare illuminata a petrolio grazie alla munificenza
del primo cittadino.
Con lo scoppio del primo conflitto mondiale Tivoli come d'altra
parte l'Italia tutta smise di festeggiare il Carnevale troppo
angosciata per la tragedia che si stava consumando al fronte;
neppure quando la guerra finì nel 1918 si riacquistò
la serenità di spirito necessaria per divertirsi. I
problemi, irrisolti ed anzi in alcuni campi ancora più
aggravati, non favorirono la ripresa del carnevale che fu
accantonato e quasi dimenticato fino al 1933. In
quel tempo ormai si era sotto il fascismo affermatosi dopo
la marcia su Roma;
tutto era monopolizzato, controllato e diretto dal Partito Nazionale Fascista e così anche il carnevale tiburtino riprese a "funzionare"grazie alle direttive di G. De Angelis, che a quel tempo rivestiva la carica di segretario del predetto partito. Chiaramente gli anni in cui l'Italia fu sotto il fascismo furono caratterizzati da manifestazioni atletiche, sfilate ecc.faraoniche e quindi anche il carnevale tiburtino visse un periodo d'oro.
Poi però le cose cambiarono: le armi ricominciarono
a sparare ed il dolore, la sofferenza, la morte invasero Tivoli,
l'Italia, il mondo. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale
si registrò quindi un'altra logica interruzione del
Carnevale. Con la fine del conflitto si verificò nella
popolazione tutta una voglia di vivere, di divertirsi dopo
tanti dolori; fu questa la motivazione che negli anni Cinquanta
spinse alla ripresa del carnevale tiburtino che fu realizzato
come non mai con tanto entusiasmo anche se i mezzi finanziari
a disposizione erano pochi. Bastavano confetti da lancio,
coriandoli, stelle filanti e molta allegria per trascinare
per le vie tiburtine folle di gente che mascherata alla meglio
si accalcava per vedere sfilare i carri allegorici tra cui
si distinguevano quelli prestigiosi della Pirelli.
Poi, come dice il Vico parlando dei "corsi e ricorsi
storici", anche il carnevale tiburtino conobbe negli
anni Sessanta una stasi che terminò solo a metà
degli anni Settanta grazie alla creazione di un Comitato Centrale
per i Festeggiamenti Tiburtini.
Ultimamente nel 1997 si è costituito anche il C.U.C
(comitato unitario per il Carnevale), che coordina i progetti
carnascialeschi dei rioni cittadini decidendo tra l'altro
il tema a cui i carri allegorici si debbono ispirare annualmente.
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