In stile neoclassico, fu l’architetto Pompeo Schiantarelli ad erigerla nel 1775 scegliendo come luogo atto per innalzarla un antico oratorio del XIV sec. consacrato proprio a S.Michele Arcangelo, patrono di Castel Madama e considerato dai cristiani il più grande difensore del popolo di Dio. Per questo motivo il Santo, sia nell’iconografia occidentale che in quella orientale, è sempre in genere rappresentato con la corazza che gli ricopre il petto, la spada (a volte la lancia)sguainata pronta per colpire Satana, rappresentato come un mostro-dragone, che S. Michele ha sotto i suoi piedi. Leggendo l’Antico Testamento, si ritrova, citato in tre diversi punti, l’Arcangelo, che è considerato come il supremo capo degli eserciti celesti posto a baluardo degli indifesi e dei deboli non che del popolo ebraico.
Qui, in questa parrocchia castellana, S. Michele è situato sull’altare maggiore. Ha l’aspetto di un giovane eretto con le ali aperte come se stesse per spiccare il volo; con il piede schiaccia la testa del diavolo che è colto nel momento di fuoriuscire da una grotta da cui fuoriescono fiamme. Per il fatto che in origine il diavolo era un angelo, la losca figura conserva le ali ma il suo corpo termina con una coda di serpente.
Una verde armatura ricopre il busto dell’Arcangelo sulle cui spalle è poggiato un mantello rosso. Imbraccia nella mano destra la spada mentre con l’altra tenta con una catena di imprigionare il diavolo. Autore di tale opera è Hardtmuth, copia di Guido Reni, del 1866 sostituisce la tela originaria realizzata tra il 1790 ed il 1799 da Pietro Labruzzi. Nella tela originaria l’Arcangelo appare sempre eretto con un mantello rosso gettato sulle spalle, indossa una corazza celeste simile a quella dei Romani e calza sandali dello stesso colore. Stringe nella mano destra una saetta di colore rosso. Il diavolo invece è raffigurato con indosso un mantello rosso; è una figura mostruosa ed ha un corpo e sembianze semiumani.
S. Michele Arcangelo anticamente era considerato medico celeste delle malattie umane; protettore dei farmacisti, doratori, giudici, radiologi, commercianti, artigiani di bilance, istruttori di scherma, paracadutisti è ancora oggi un Santo a cui i fedeli sono molto legati.
Tornando alla descrizione della chiesa è da segnalare sulla porta d’ingresso una maschera di gesso policromo attribuita a L.Agricola e raffigurante S.Ignazio; vi è incisa una data, 1548, anno della pace raggiunta tra i Castellani ed i Tiburtini.
I lavori di edificazione, iniziati come prima accennato verso la fine del XVIIII sec., andarono avanti con una certa velocità anche se la facciata fu terminate solo agli inizi del secolo successivo e precisamente nel 1807. Belli gli stucchi della prima cappella di sinistra; artistica la parete a cui è addossato il terzo altare di destra. Di una discreta bellezza il quadro di S.Filippo Neri sempre dell’Agricola situato nella cappella Santolamazza.
Grazie all’interessamento dell’ing. Oreste Vulpiani ed al dr. A.Rossi la chiesa fu restaurata nel 1942 sotto l’arciprete Mons. Lanciotti. Il restauro portò a scoperte eccezionali: il pittore Oscar Grottini è l’artefice degli affreschi dei Quattro Evangelisti qui situati.
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