Planco si occupò dell’amministrazione delle finanze e dell’esazione dei beni confiscati ai proscritti e della quota spettante a Cesare sugli averi dello sconfitto Pompeo e incamerati da Marco Antonio. Riuscì a giostrarsi tra Cesare e Marco Antonio; per ingraziarsi il primo coniò un “aurum signatum” con l’immagine della Vittoria raffigurata con le fattezze di Calpurnia, moglie di Cesare e figlia di L.Calpurnio Pisone Cesonino (suo vicino di villa a Tivoli). La moneta recava su una faccia l’iscrizione “Caesar dictator III” e sull’altra “L.Plancus praefectus Urbis” (quest’ultima intorno ad un vasello sacrificale). Grato di questo, Cesare lo elevò a Settemviro Epulone (grande carica religiosa) e dandogli il governatorato della Gallia (Proconsole). Morto nel 44 a. C. il suo protettore, tornò a Roma per tentare di placare gli animi, ma, viste le acque agitate, fece ritorno in Gallia. Qui fondò Raurica presso Basilea per difendere la sua provincia contro i Germani.
Fu acclamato Imperator dai legionari quando vinse i Rheti presso il lago di Costanza. Scrisse allora a Cicerone affinché si facesse carico presso il Senato di fargli dare il trionfo a seguito di tale vittoria ma la cosa non andò in porto poiché la Repubblica stava di nuovo attraversando una guerra civile. Restando in Gallia riuscì a barcamenarsi per un anno (senza parteggiare) tra i litiganti. Nel 43 a.C. fondò Lugdunum (Lione).
Fitto fu l’epistolario che ebbe con Cicerone tra il settembre del 44 e il luglio del 43: Planco gli inviò undici lettere ricevendone quattordici. In esse il grande oratore lo invitava a venire a Roma con le sue legioni per difendere la libertà repubblicana. Planco però agì con diplomazia: prese tempo e nello stesso tempo, per tenersi buono Cicerone e i repubblicani, inviò Furnio affinché consegnasse al Senato una sua lettera in cui consigliava di far pace con Marco Antonio. Poi fu costretto a cessare di essere diplomatico ed a intervenire in seguito alla richiesta, avanzata da Marco Antonio al Senato, di dargli la “sua” ricca Gallia Transalpina al posto della più povera Gallia Cisalpina. Decise quindi di occupare Vienna nel Narbonese e rifiutò di ricevere i legati inviati da Marco Antonio; si avvicinò allora a Lepido convincendolo a caldeggiare la causa senatoria; poi riprese a temporeggiare.
Con il II triumvirato, formato da Ottaviano, Lepido e Marco Antonio, Planco, per evitare la vendetta di quest’ultimo, gli si avvicinò divenendo un suo stretto collaboratore ma fu costretto a rinunciare all’amicizia di Cicerone. Gli furono tributati due trionfi. Sacrificò persino i beni e la vita di un suo fratello, che nelle proscrizioni di Antonio trovò la morte mentre fuggiva. Infine ottenne nel 42 a.C. con Lepido ciò che sempre aveva desiderato: il consolato. Dopo la guerra perugina, per paura della vendetta di Ottaviano, fuggì in Grecia e governò per Antonio nel 40 la Siria dove fu odiato per la sua avidità. Quando i bellicosi Parti la invasero, Planco si riparò da Marco Antonio presso Alessandria. Poi, in seguito alla vittoria di Ottaviano ad Azio su Marco Antonio e Cleopatra, segretamente fece pace con il nipote di Cesare a cui su sua proposta fu attribuito il titolo di Augusto. La Repubblica non esisteva più
ed al suo posto nasceva l’Impero romano. Planco restò fedele all’imperatore per proprio calcolo; morì tenuto in poco conto, anzi deriso dai suoi contemporanei.
Fu sepolto a Gaeta nel mausoleo che lui stesso si era fatto costruire intorno al 20 a.C.