Essendo anche un tenore, Giulio Caccini cantò per la prima volta al matrimonio del figlio di Cosimo I de' Medici, il granduca di Toscana Francesco I de' Medici, e dell'invisa Bianca Cappello. È invece del 1589 il suo primo lavoro come compositore: un intermedio - come venivano allora chiamati i brevi inserti musicali che si intersecavano alle rappresentazioni teatrali - alla commedia "La pellegrina", commissionata in occasione delle nozze del granduca di Toscana Ferdinando I de' Medici (sesto figlio del predetto Cosimo I) con Cristina di Lorena.
Quindi il Caccini per il nascente teatro in musica compose le musiche de "Il rapimento di Cefalo" al libretto di Gabriello Chiabrera, poeta e drammaturgo seicentesco. Purtroppo tutto è andato perduto ad eccezione del coro finale. Sue inoltre sono le musiche della citata"Euridice" al libretto di Ottaviano Rinuccini, grande librettista e poeta. In Euridice debuttò all'età di tredici anni la bella figlia del Caccini, Francesca (1587-1640), soprannominata "La Cecchina". Costei fu la sua erede in tutto e per tutto essendo una nota compositrice, clavicembalista e soprano che contribuì all'evolversi della musica barocca.
Interno del Duomo di Tivoli
Giulio Caccini - teorizzando il favellare in armonia - spiegava come tutti i componenti della sua famiglia, dalla moglie ai figli, fossero dediti al canto infatti, oltre a Francesca anche gli altri suoi figli Settimia, Margherita e Pompeo, (veri e propri musicisti professionisti ante litteram) portarono avanti un proprio discorso musicale autonomo. Da ricordare del Caccini sono le due raccolte di arie e madrigali per voce sola, edite nel 1602 (Le Nuove Musiche) e nel 1614(Nuove Musiche e Nuova Maniera di Scriverle). Le due raccolte sono importanti non solo perché testimoniano il passaggio dal madrigale prettamente polifonico a quello monodico ma anche perché danno basilari contributi relativi alla storia del Canto e della prassi esecutiva filologica come spiega il Caccini nella prefazione ai volumi. Egli inoltre tentò di liberare la melodia costretta fino ad allora nella prigionia del metro poetico al fine di assecondare maggiormente le parole ed i moti del sentimento.
Giulio Caccini morì a Firenze nel 1618. Un piccolo giallo ruota sull'Ave Maria, attribuita senza ombra di dubbio fino a poco tempo fa al Caccini. Per alcuni si tratterebbe di un falso storico poiché il brano sarebbe in realtà del liutista russo Vladimir Fedorovic Vavilov, che lo registrò per la prima volta nel 1972 attribuendolo ad un Anonimo; la falsa attribuzione a Caccini sarebbe avvenuta probabilmente dopo la morte del Vavilov.