S.Romualdo e la sua venuta a Tivoli

Fondatore dell'Ordine dei Padri Camaldolesi (a cui fra l'altro si deve la trascrizione di codici, il dissodamento di terreni, il risanamento di contrade) e appartenente alla famiglia ducale degli Onesti-Sassi, nacque a Ravenna nel 907 ricevendo un'educazione adatta al suo rango. A vent'anni, assistendo al duello di suo padre Sergio con un congiunto (che rimase ucciso), Romualdo, colpito dall'accaduto, decise di ritirarsi nel monastero benedettino di S. Apollinare in Classe per espiare (anche se non era lui il colpevole) con quaranta giorni di dure penitenze, così come imponeva la legge a chi si macchiava di omicidio. Trascorso questo periodo, affascinato dalla vita monastica, non volle più tornare alla vita secolare per cui, malgrado l'opposizione della famiglia, decise di vestir l'abito. Restò qui per alcuni anni fino a quando, avendo rimproverato per la loro rilassatezza i monaci, col permesso del suo abate dovette allontanarsi dal predetto monastero. Decisivo per lui fu anche l' incontro con Pietro Orseolo, doge di Venezia. Quest'ultimo era stato messo a capo della Repubblica della Serenissima da coloro che avevano eliminato il doge Pietro Candiano; desiderando far penitenza per il modo con cui era arrivato al potere, Orseolo decise di recarsi in Catalogna presso il convento di S.Michele di Cusano; qui vestì l'abito religioso. Ad accompagnarlo nel viaggio, insieme a pochi altri, fu Romualdo il quale si ritirò in un eremitaggio vicino. Qui molti seguaci lo raggiunsero e si creò una comunità di cui Romualdo fu nominato superiore.


Rocca Pia

L'alto esempio morale di Romualdo fu presto seguito da suo padre Sergio, che si ritirò nel convento di S.Severo vicino Ravenna per espiare; questa sua decisione però durò poco e quindi pensò di abbandonare il convento. Romualdo tornò in Italia per dissuadere il padre (cosa che avvenne) e quindi si ritirò nuovamente tra i monaci di Classe; fu eletto abate malgrado lui avesse rifiutato la carica. L'imperatore Ottone III gliela impose mentre i vescovi, radunati a Ravenna, minacciavano di scomunicarlo se non avesse accettato.

Le cose in seguito non furono facili per lui: i monaci di Classe lo consideravano troppo severo per cui Romualdo decise di rimettere il proprio pastorale ai piedi dell'imperatore, allora a Tivoli, ed in presenza del papa Silvestro II, Gerberto d'Aurillac.


Ingrandisce foto Case medioevali

Le vicende di Tivoli, in guerra contro l'imperatore Ottone III, nel 1001 si intrecciarono così con l'arrivo provvidenziale, per l'antica Tibur, di S.Romualdo. Questi infatti riuscì a dissuadere l'imperatore dal saccheggiare la città ed anzi gli impose di espiare pubblicamente il reato di cui si era macchiato: l'uccisione del senatore Crescenzio. Ottone III morì non ancora ventiduenne nel gennaio 1002 a Paterno accanto al Soratte, presso cui aveva preso quartiere.
Molto più lunga fu invece la vita di S. Romualdo a cui il nuovo imperatore, Enrico II donò il convento di Monte Amiata: dopo una vita spesa in penitenza ed in preghiera morì, a circa centoventi anni, il 19 giugno 1027 nel convento di Val di Castro, nella Marca di Ancona.

I suoi discepoli,cinque anni dopo, ottennero dal Papa il permesso di poter innalzare un altare sulla sua tomba (ciò a quei tempi equivaleva alla canonizzazione). È accertato che il suo corpo era ancora integro nel 1440 ma nel 1481 si dissolse dopo un tentativo di furto perpetrato. Le ceneri quindi furono trasportate nella Chiesa camaldolese di S. Biagio in Fabriano il 7 di febbraio; il pontefice Clemente VIII stabilì che in questo giorno fosse celebrata la festa di S. Romualdo.
Sia Raffaello che Andrea della Robbia ci hanno tramandato, nelle loro opere, l'aspetto di S.Romualdo.

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