Tivoli e la Prima Guerra Mondiale: la storia dei fratelli Rovazzani

a cura di Carlo Placidi

Dalle Memorie della Scuola Normale di Tivoli e dai racconti di nonna Natalìa Rovazzani e in particolare di mia madre Elsa Mariotti traggo alcune note, qui trascritte, che ricordano personaggi ed avvenimenti delle famiglie Rovazzani e Mariotti.
Nonna Natalìa, da signorina Rovazzani, all'età di sedici anni già era andata sposa al maturo Salvatore Mariotti.
Erano i primi anni del secolo xx; Natalìa la più piccola di una nidiata di undici fratelli e sorelle, era figlia di Enrico Rovazzani discreto proprietario terriero originario di Olevano romano, costui possedeva vigne di pizzutello sotto la cascata, tenute a Villa Adriana la " Sirena" e a Castel Madama "L' Osteriola" e qualche appartamento a Roma. La loro residenza a Tivoli si trovava in un appartamento dei palazzi Viola e Todini posti a largo Garibaldi dove ora sono le fontane, all'entrata di Tivoli, caseggiati scomparsi durante i bombardamenti alleati dell'ultima guerra mondiale.
Degli undici figli quattro erano maschi: Samuele, Candido, Alessandro e Valentino. I primi tre partirono per la prima guerra mondiale; non l'ultimo perché di giovane età.


Ingrandisce foto Samuele (a sx) e Candido (a dex) Rovazzani

Samuele diplomato maestro, bruno, dai lineamenti regolari e dalla passione patriottica, vincitore di concorso come cancelliere giudiziario, partì volontario come ufficiale.
Salutati i Suoi, chiuse la sua stanzetta e buttò a fiume la chiave.
In licenza a Tivoli durante la disfatta di Caporetto, viene ricordato da mia madre che nell'apprendere la notizia dai giornali batte i pugni sul tavolo e grida disperato: "si sono ritirati, si sono ritirati".
Dopo Caporetto passò agli Arditi, uomini dedicati alla morte per la Patria.
Sul monte Grappa durante l'attacco ad un nido di mitragliatrici nemiche fu falciato da una raffica, ferito perdeva sangue ma non volle essere soccorso anzi incitava i suoi all'attacco. Sulla strada del ritorno i suoi uomini lo trovarono morente per dissanguamento.

Si racconta che la madre Elisa colta da un presagio di morte mandasse un urlo: "Samuele è morto".
Storie dei tempi, ricevette una medaglia d'argento alla memoria, si diceva che ne valesse una d'oro.
Passata la guerra l'anziana madre risalì l'Italia fin sotto il monte Grappa, per ritrovare i resti del figlio seppellito con un gruppo di commilitoni all'ombra di una roccia. Ne riconobbe le spoglie dalla maglia di fattura famigliare e se le riportò a Tivoli, dove furono sepolte nel cimitero cittadino con gli onori militari (1921).
Forse era meglio riposare nella pace delle Alpi.


Ingrandisce foto Funerali di Samuele Rovazzani

Il fratello Candido, bel ragazzo dagli occhi chiari e dal torace ampio, partì pure lui volontario nei bersaglieri.
Mandato in licenza, per la morte del fratello, appena giunse a casa morì di meningite fulminante a causa della Spagnola contratta in trincea. Ai carabinieri, che erano andati a casa a ricercare il presunto disertore, la madre disse " andate a prenderlo voi, è di là sul letto".
Il terzo fratello Rovazzani Alessandro padre di Riccardo, Roberto ed Enrica riuscì a riportare la pelle a casa; dall'esperienza militare riportò una certa simpatia anarcomarxista.
Come si vede le esperienze dispiegano risultati diversi a seconda delle personalità e delle inclinazioni personali.

Perché ricordare queste storie in un' epoca in cui il patriottismo è bello e sepolto?
Perché comunque è la nostra storia, la storia di Tivoli che ha attraversato tutti i sommovimenti del secolo breve: il primo dopoguerra, il Fascismo, la seconda guerra mondiale con le sue tragedie, il secondo dopoguerra, la ricostruzione, il terrorismo.
Una cosa è legata all'altra e se non si conoscono i passaggi della storia anche di quella tramandata a voce, non comprendiamo il presente e non riusciremo a costruire un futuro valido. Tutto ciò è la nostra Italia, nel bene e nel male e nei 150 anni dell'Unità d'Italia come non ricordare questi Tiburtini, epigoni del Risorgimento, i cui nomi avevano scolpiti nella pietra posta sulla facciata della loro scuola media superiore di viale Arnaldi, la Scuola Normale di Tivoli. Nell'edificio abbattuto negli anni 60/70 e che ospita attualmente al piano terreno un istituto di credito, fu infatti posta dalla stessa scuola nel 1919 una lapide in memoria dei propri studenti morti nella prima Guerra Mondiale. La lapide è andata dispersa nella ricostruzione dell'edificio.

Partiti giovinetti hanno immolato la loro vita per un Ideale e oramai dimenticati da tutti, meritano almeno il ricordo fugace di queste parole.

(maggio 2015)

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