Proprio visitando il Salon del 1831 si era disgustato delle rappresentazioni mitologiche in voga tra i pittori accademici francesi, affermando in seguito che il paesaggio poteva elevarsi a grande arte e soprattutto il paesaggio americano in quanto “all nature here is new to art” (tutta la natura qui è nuova per l’arte). Ritroviamo qui non l’artista on the road, non l’artista girovago, ma l’artista illuminista che ricerca il contatto con la natura e tanto più nuova trova questa natura, tanto più ispirata, di fronte ad essa, poteva essere l’opera dell’artista. In realtà il naturalismo di Thomas Cole è d’ispirazione romantica e se è vero, come egli dice, che nei suoi quadri, ad un certo punto non appaiono più rovine “no Tivolis, Ternis, Mont Blancs, .…but primeval forest, virgin lakes and waterfall”(Non più Tivoli, Terni, il Monte Bianco….ma foreste primitive, laghi incontaminati e cascate) è altrettanto vero che si serve di una scenografia quasi teatrale, con ampi squarci di nubi che lasciano colare la luce. E’ il caso di questo olio su tela “A View near Tivoli (aka Morning), (Una veduta presso Tivoli, anche nota come Mattino) del 1832, 37.5 x 58.7 cm, conservato nel Metropolitan Museum of Art, New York, nel quale, è riconoscibile la zona del ponte degli Arci presso Tivoli.
Occorre far attenzione ai particolari: la visuale è ripresa da Tivoli ed in primo piano, a destra, abbiamo “il monumento più maestoso della pittoresca zona degli Arci”(Giuliani), cioè l’arco del ponte dell’acquedotto dell’Anio Novus (38-52 dopo Cristo). Esso si innalza con enormi pilastri in opus latericium impostanti su due filari di blocchi di travertino. Sulla sommità c’è una torretta medioevale a difesa dell’antica porta “Adriana”, che nel Medioevo fu collocata sotto questo arco. E’ facile osservare che la torre medievale ci fa riflettere sulla caducità delle cose umane: alla grandiosità classica subentra il periodo successivo, nel quale i ruderi dell'età romana vengono riutilizzati a scopo anche difensivo.
Sembra che la fortificazione medievale di questo arco debba assegnarsi alla fine dell'VIII sec., allorché il papa Adriano I (772-795) (da qui il nome di porta Adriana che ricorda fin dal secolo X quell’arco fortificato) fece restaurare l'acquedotto dell'Acqua Marcia (144 avanti Cristo), che corre a Nord Ovest dell'Anio Novus. Questo acquedotto dovette essere restaurato, nella zona di competenza dell’antica Tibur proprio dai Tiburtini, tale da far ritenere giusta l’osservazione dello storico Nicodemi che Tivoli, per beneficio del papa Adriano tornasse, come Roma a provvedersi di acqua potabile. “Ed era naturale che con vivo entusiasmo le popolazioni del nuovo stato pontificio si dessero ad opere di riassetto e di agricoltura. Il nuovo stato di cose era il risveglio vigoroso e promettente da un lungo periodo di decadimento e di abbandono. Si richiedevano grandi opere di bonifica nell’agro romano, ridotto a desolante squallore, e Adriano le compiè”. (V. Pacifici). L’Acqua Marcia attraversava infatti il Fosso d’Empiglione con una serie di archi in opus quadratum di tufo. Di essi resta solo l’ultimo sulla riva sinistra del fosso, sotto il quale passa come in antico, la via moderna, ora a senso alternato per il traffico veicolare, vera croce di tutti gli automobilisti.
Ma attenzione, l'arco più piccolo che si vede in questo bel dipinto non è quello dell'Acqua Marcia, ma un arco non più esistente! L'attuale imbuto veicolare provocato dall'arco dell'Acqua Marcia non è ripreso in questo dipinto perché l'inquadratura è presa proprio da lì. Molto interessanti, nel dipinto del Cole, i pilastri in bella mostra di un ponte, forse corrispondente a quello dell'antica Via Empolitana, che serviva anche come strada di servizio degli acquedotti e che sembra anch'esso farci riflettere sulla caducità delle cose umane. Vediamo che qui il Cole, per l'ampio uso delle atmosfere nebbiose, è ancora legato alla visione romantica, alla quale, pur contestando il valore, rimane sempre tributario. Notiamo anche che a questa intenzione fantastica si sovrappone una cura minuziosa per la resa del paesaggio, che, farà criticare la pittura della scuola del fiume Hudson per la fin troppo maniacale attenzione per l'illustrazione, addirittura geografica, del paesaggio. Ma è certamente una grossa premessa alle sue opere successive: proprio il secondo soggiorno in Europa nel 1841-42 porterà, come dicevamo prima, ad un ulteriore progresso della sua arte: "his use of color showed greater virtuosity and his representation of atmosphere, especially the sky, became almost palpably luminous." (il suo uso del colore dimostra il più grande virtuosismo e la sua rappresentazione dell'atmosfera, specialmente il cielo, diventa quasi palpabilmente luminosa).