Nel clima di fervore verso la riscoperta dell'antico, e del mondo classico in particolare, che permea il Rinascimento, un ruolo di rilievo lo ebbero le maestose rovine della Villa di Adriano.
Uno dei primi a riscoprirne la grandezza fu Flavio Biondo, importante storico e umanista italiano del Rinascimento (fu il primo a coniare il termine Medio Evo) il quale analizzò per primo gli antichi monumenti di Roma con vero e proprio metodo archeologico. Un approfondito studio fu eseguito anche sulla villa dell'imperatore Adriano che visitò negli anni centrali del Quattrocento e che descrisse nel suo "Italia Illustrata". Fu proprio lui il primo a riconoscere, in quelle rovine, la villa dell'imperatore Adriano così come descritta nell'Historia Augusta ("Fece costruire con eccezionale sfarzo una villa a Tivoli ove erano riprodotti con i loro nomi i luoghi più celebri delle province dell'impero, come il Liceo, l'Accademia, il Pritaneo, la città di Canopo, il Pecile e la valle di Tempe; e per non tralasciare proprio nulla, vi aveva fatto raffigurare anche gli inferi).
Seguirono i primi scavi che portarono al ritrovamento di preziose statue che accrebbero repentinamente la fama della Villa. Ben presto fu riconosciuta come uno degli esempi più significativi della classicità, modello e fonte di ispirazione dei più grandi artisti. Molti di essi (pittori, scultori e architetti), per completare la propria formazione, visitarono Tivoli, ed in particolare Villa Adriana.
Tra di essi è da annoverare anche Leonardo da Vinci. Nel Codice Atlantico, la sua più ampia raccolta di disegni e scritti, Leonardo annota (f. 618v) la sua visita a "Tivoli vecchio, casa di Adriano" il 20 marzo 1501 (il riferimento è datato nello stile ab incarnatione "Laus deo 1500 a dì 20 marzo"). Fu un modo per prendere contatto con l'arte classica e con le raccolte di antichità romane. Leonardo naturalmente fece tesoro di quello che vide e ne è testimonianza uno dei disegni (f. 224r) presenti nel Codice Arundel (altra raccolta di disegni e scritti conservata presso la British Library), dove viene ritratto il Serapeo come poteva essere ammirato nei primissimi anni del Cinquecento.
La data 1500, vergata sul retro del foglio del Codice Atlantico, corrisponde alla cronologia proposta per il disegno del Codice Arundel. Infatti tra il 1506 ed il 1508 Leonardo lavorò alla realizzazione della macchina scenica per l'allestimento del dramma pastorale di Angelo Poliziano "La favola di Orfeo"(il primo dramma secolare italiano, un importante antecedente dell'opera lirica, scritto in in stilo vulgare, all'inizio del 1480).
Il disegno del Codice Arundel ci mostra proprio come Leonardo pensò di realizzare l'allestimento scenografico ma non sappiamo se poi sia stato effettivamente realizzato, né se se il dramma sia mai stato allestito.
Il disegno in questione è diviso in due parti. In alto è presente una scena pastorale con colline e ruscelli; nel mezzo si trova una grande e misteriosa montagna centrale su cui spicca una grande porta. In basso invece, del tutto privo di una descrizione paesaggistica, è disegnata una grotta-caverna, che si è aperta nel ventre della montagna, il Serapeo appunto.
A distanza di oltre cinque secoli, il marchingegno complesso è stato ricostruito dai "Fratelli Cinquini", maestri dei Carnevale di Viareggio. Purtroppo ritardi nella realizzazione non ne hanno consentito l'inaugurazione durante l'Expo di Milano. L'opera è però visibile all'Ippodromo di Firenze per un mese: da domenica 15 novembre sino a martedì 15 dicembre 2015.
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