Soltanto in questo periodo Legillon iniziò a lavorare ad olio. Ricominciò a viaggiare nel 1779, prima a Parigi, poi in diverse città svizzere: Losanna, Friburgo e Sciaffusa. Nel 1780 tornò a Bruges dove riprese ad insegnare. Le Doulx cita di questo periodo due visioni dei porti di Bruges ed Ostenda, riprodotti poi in incisione. Inviò poi nel 1781 al Salon di Lille un "Paesaggio con architetture, figure ed animali". Lavorò spesso nella foresta di Fontainebleau e vicino Fécamp in Normandia. Finalmente sotto la spinta di amici, artisti e membri dell'Accademia partecipò nel 1789 al Salon di Parigi con varii olii e disegni, ma soprattutto con il dipinto ad olio presentato, per il quale rimane fondamentale l'ispirazione del tour compiuto in Italia, "Une grange ruinée que le soleil éclaire, intérieur des écuries de Mécène à Tivoli" "Un fienile in rovina illuminato dal sole, all'interno delle scuderie di Mecenate a Tivoli", cm. 52 x 69, conservato nel Louvre a Parigi.
Si tratta del "Stalinterieur te Tivoli", che servì a Legillon come "morceau de réception" per l'Accademia di Francia del maggio 1789. La scena, abbastanza particolare, rappresenta una povera stalla in cui entra la luce del sole attraverso una grossa fenditura nel tetto, luce che illumina in particolare un cavallo bianco e due donne, mentre un asino, una capra ed un cane sono in penombra. Una visione con un utilizzo della luce piuttosto inusuale per quell'epoca. Il titolo naturalmente fa riferimento a quelle che erano considerate le "scuderie di Mecenate", facenti parte della più ampia Villa di Mecenate, così come era considerato il complesso oggi esattamente identificato come il Santuario di Ercole Vincitore. Altre opere furono esposte al Salon del 1791. Morì proprio a Parigi nel 1797 ed il suo amico pittore Joseph-Benôit Suvée fece in modo che i suoi dipinti, disegni ed anche schizzi fossero inviati a Bruges, dove sono ora conservati nel Groeninge Museum. Le opere di Legillon, come si evidenzia da quella riprodotta si allontanano da quelle di genere del suo tempo, soprattutto per coraggio delle inquadrature e senso del rinnovamento.
A proposito di un'opera contemporanea di Nicolas Fassin abbiamo scritto "il suo paesaggio è ornato da elementi pastorali, da elementi della natura, ma ordinati secondo una composizione e struttura classica: un lato presenta una rovina o un gruppo di alberi, in mezzo od anche sull'altro lato uno sfondo bagnato da una dolce luce. Dei pastori ed i loro greggi popolano questo universo di quiete dai colori vivi e luminosi". Si comprenderà allora la profonda novità introdotta da Legillon, con il taglio della luce che irrompe dal tetto in rovina delle cosiddette Scuderie di Mecenate e che illumina non più una scena idilliaca, ma una scena di profonda povertà, anche se dignitosa. Le stesse "Scuderie di Mecenate" non sono rappresentate, come da altri artisti, con la grandiosità della Porta Scura, ma con l'umiltà di un ambiente ristretto, diremmo oggi inagibile e certamente inospitale. Che Legillon tenesse a quest'opera e ne avesse capito l'importanza inusuale si spiega con il fatto che fu un "morceau de réception" per la Reale Accademia di pittura e scultura. Infatti un editto reale del 1663 obbligava ad eseguire un'opera per coloro che volessero vantarsi del titolo di Accademico. Una volta approvato il lavoro si avevano più di tre anni di tempo per eseguirlo, ma molti artisti superarono tale limite. I lavori erano poi conservati nel locali dell'Accademia e, quando questa fu sciolta nel 1793, le opere furono sparse per vari Musei, principalmente al Louvre (come questa) e a Versailles.