Nel "Possesso et inventario de' beni della felice memoria dell'illustrissimo e reverendissimo signor cardinal Ferrara trovati in Tivoli", redatto dal notaio Fausto Pirolo il 3 e 4 dicembre 1572 (Ippolito II d'Este era morto a Roma il 2 dicembre) il gruppo di Europa col toro, già descritto esaurientemente nel 1611 da Antonio del Re e che si trovava nel lato est del cosiddetto vialone a Villa d'Este, viene riportato al n. 37, come "Una statoa di Ethis (sic per Thetis) con una testa di un bove marino di marmo".
Ma la presenza del "bove marino" o meglio di un "toro" fece sì che pochi anni dopo il gruppo venisse battezzato come "Europa con il toro", proprio basandosi sugli elementi mitologici, che volevano Europa posseduta da Zeus che aveva assunto l'aspetto di un toro per sedurla.
Il gruppo appare nella Descrizione della R. Villa estense di Tivoli, scritta dall'allora Fontaniere nel 1725, a pag. 46 e successivamente nell'inventario del perito antiquario Gaetano Cartieri ((1752-1753) con valore stimato di 10 scudi: "Gran statua, o sia colosso, che volgarmente chiamasi l'Europa, ma non ne apparisce presentemente alcuna indicazione. È di lavoro molto comune ed ordinario. Ha le mani et i piedi rotti et è totalmente in pessimo stato. Indi non se li dà stima se non del valore che potesse avere il cemento o sia puro marmo, servibile ad altro uso. Scudi 10. "
Anche dopo che Benedetto XIV ebbe comprato i pezzi migliori della collezione di statue della villa (donandole poi ai Musei Capitolini nel 1753), rimanevano ancora nella villa stessa un numero considerevole di statue, alcune delle quali di un certo valore e di queste Johann Joachim Winckelmann (1717-1768) scelse un Esculapio, un filosofo, un piccolo Nilo e appunto quella che considerò "dea fluviale". Queste statue furono acquistate dal cardinale Alessandro Albani (1692-1779) tramite gli agenti del duca di Modena nel 1765. Lo storico dell'arte tedesco considerò la statua come raffigurante Anfitrite nel suo testo "Monumenti antichi inediti spiegati ed illustrati da Giovanni Winckelmann prefetto delle antichità di Roma. Volume secondo, Roma, MDCCLXVII", pag. 52: «l'istessa Deità [cioè Anfitrite], ma senza forbici in capo, sembra figurata in una donna di grandezza quasi colossale, che s'appoggia sopra un toro, e sotto di essa veggonsi figurate come dell'onde di mare . Questa statua, che già era nella villa d'Este a Tivoli, si ritrova ora in quella dell' Emo Alessandro Albani. »
Ancora parla della statua in "Storia delle arti del disegno presso gli antichi di Giovanni Winckelmann tradotta dal tedesco e in questa edizione corretta e aumentata dall'abate Carlo Fea giureconsulto. Tomo secondo, in Roma, dalla stamperia Pagliani, MDCCLXXXIII", pag. 12: «§. 11. Soleano pur gli antichi lavorare le loro statue a un dipresso come i nostri scultori, cominciando a farne l'abbozzo. Abbiamo un argomento di ciò nella figura muliebre d'un Fiume poco men che colossale, che dianzi stava nel palazzo d'Este a Tivoli, ed ora è nella villa Albani. Le parti inferiori di quella statua sono grossolanamente abbozzate, onde nelle ossa principali, ricoperte dal panneggiamento, sono stati lasciati alcuni punti sollevati che serviano di norma, e si toglievan poi quando si finiva la statua. Lo stesso si pratica anche oggidì.»
Rimase la descrizione di Anfitrite e così la ritroviamo in Stefano Antonio Morcelli, Indicazione antiquaria per la villa suburbana dell'eccellentissima Casa Albani, in Roma, 1785, per Paolo Giunchi, pag. 41, n. 384: «In mezzo dove comincia il fiume con sette cascate. Statua colossale d'Anfitrite appoggiata col braccio sinistro ad un toro, e giacente».
Successivamente viene descritta in Morcelli-Fea-Visconti, La Villa Albani descritta, Roma. Coi tipi del Salviucci, 1869, pag. 86, n. 590, come «Anfitrite, statua colossale, marmo di Luni. Semigiacente appoggia il sinistro braccio sopra un toro a lei vicino» e con tale numero d'inventario (Villa Albani, 590) viene riportata nel fondamentale studio di Thomas Ashby, The Villa d'Este at Tivoli and the Collection of Classical Sculptures which it contained, in "Archaelogia or miscellaneous tracts relating to antiquity", LXI (1908), pp. 219.256. Tale studio è stato poi tradotto ed aggiornato dal prof. Francesco Ferruti, consigliere della Società Tiburtina di Storia e d'Arte e pubblicato (con testo inglese a fronte) negli "Atti e Memorie della Società Tiburtina di Storia e d'Arte", LXXXII (2009), pp.169-278.
(gennaio 2018)
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