La figura femminile, coperta da un lino bianco, la cingana (cioè la zingara) - come la definì Marcantonio Michiel nel 1530 - sarebbe la Sibilla Tiburtina, quella che avrebbe predetto all'imperatore Augusto la nascita di Gesù Cristo, che veniva chiamata anche Cassandra, come la figlia di Priamo, e la casa d'Austria si vantava di discendere dal valoroso eroe Ettore, anch'egli figlio di Priamo, re che avrebbe compiuto un presunto viaggio, via terra, attraverso l'Austria fino al fiume Reno. Perciò il figlio o meglio, come in questo caso, il nipote di Massimiliano sarà come il Cesare, che, secondo le profezie della Sibilla, sarebbe venuto a lottare contro l'Anticristo: l'avvento di un pargolo di schiatta principesca, cui affidare il destino non solo della Domus Austriae, ma anche quello dell'intera cristianità e della storia universale.
Ed allora chi meglio della Sibilla tiburtina, denominata pure Albunea e Cassandra, poteva pronunciare questa profezia ai suoi discendenti che la consideravano, secondo le teorie dinastiche asburgiche, come figura simbolo ed icona delle stesse origini della casa d'Austria?
Spetterà infatti proprio a lei poiché antenata significativa e mitica di farsi carico di annunciare l'avvento di un'aetas nova, quella degli Asburgo cristianissimi, in una sorta di maternità sacra e profana ad un tempo. Per la rappresentazione iconografica delle Sibille nell'arte italiana ed europea tra Quattrocento e Cinquecento fu decisiva la pubblicazione di due opere.
La prima è il testo delle Divinae Institutiones di Lattanzio, con la famosa citazione del testo di Varrone, con l'elenco canonico delle Sibille, brano fondamentale per tutte le ricerche e l'iconografia successive. Anzi le Divinae Institutiones furono il primo libro a caratteri mobili stampato in Italia, il primo fuori la Germania, stampato nella vicina città di Subiaco, da C. Sweynheym e A. Pannartz nel lontano anno 1465 (è datato 29 ottobre). Proprio il libro di Lattanzio, che riconosceva alle rivelazioni delle Sibille un'autorità pari a quelle dei profeti biblici, a seguito della stampa a Subiaco ebbe un successo considerevole che gli valse sei riedizioni tra il 1465 e il 1478. L'edizione sublacense del Lattanzio era stata di 275 esemplari, di essa si conoscono superstiti circa quaranta copie, di cui diciassette in Italia.
Proprio in quest'epoca (1482¬ 83), sotto l'influenza del platonismo cristiano, il pavimento delle navate laterali della cattedrale di Siena fu decorato con le
superbe tarsie, raffiguranti le dieci profetesse, con la presenza naturalmente della Tiburtina, accompagnate da Ermete Trismegisto (1488). Ma già due secoli prima nella facciata del Duomo lo scultore Giovanni Pisano aveva anticipato questa tematica con le statue di Platone, Aristotele e di una Sibilla, che uscivano dagli schemi vetero testamentari della facciata stessa, mentre una tarsia con lo stesso Aristotele era già presente nel pavimento dal 1406, insieme ad Epitteto, Euripide e Seneca.
marzo 2014