Fragonard sembra indugiare sulla decrepitezza e lo stato di abbandono del giardino, nonché sul deterioramento dei muri e delle costruzioni in muratura ricoperte da una vegetazione vittoriosa. Viene spontanea di fronte a questo capolavoro l’espressione dei suoi contemporanei “Jean- Honoré Fragonard, Gens, honorez Fragonard!”. Ricordiamo brevemente che dopo il cardinale Rinaldo d’Este (1618-1672) la villa d’Este era passata a Francesco II, duca di Modena e Reggio (1660-1694), che pure apportò qualche miglioria alla villa stessa. Estintosi il ramo primogenito della famiglia Este, un altro cardinale, Rinaldo, (1655-1737), alla morte nel 1694 del nipote Francesco II, dovette sposarsi, nello stesso anno, con Carlotta Felicita Brunswich-Luneburg assumendo il titolo di Rinaldo III, duca di Modena e Reggio, succedendo anche nel possesso della villa al defunto nipote Francesco II. Non vi sono memorie che Rinaldo III provvedesse alla villa tiburtina, “della quale cominciava ad impallidire ogni splendore”.
La decadenza, stanti gli impegni e le “grane” dei duchi di Modena, continuò ormai senza rimedio, infatti il ministro ducale, Giovanni Pellegrini-Fabrizi, nel 1738 da Tivoli ritornava a Modena. Scriveva Settimio Bulgarini, gentiluomo di Tivoli e guardarobiere della villa d’Este, nell’anno 1736 al rappresentante della casa Este a Roma: “La villa si mantiene gratie a Dio nelle fontane e si augumenta sempre più nelle verdure disposte a spaglieroni…”. Lo stesso Settimio Bulgarini in una lettera del 20 settembre 1750 si congratula con il duca Francesco III per il ritorno al suo Stato, inviando alcuni conti di spesa. Un voluminoso carteggio (dal 1752 al 1758) parla di parziali riparazioni nel terrazzo e nel giardino. Morto Bulgarini nel 1758, il carteggio prosegue con la vedova di lui, Olimpia e di Stefano Antonio Petrucci, fratello di quest’ultima, divenuto amministratore.
Le spese sono ora ridotte ai soli tetti del Palazzo della villa. Di conseguenza troviamo poi un figlio di Rinaldo III nel possesso dei beni tiburtini e cioè Francesco III (1698-1780), proprio all’epoca del soggiorno a Villa d’Este di Fragonard che nell’estate del 1760 soggiornò per circa due mesi proprio a Villa d’Este, presa in affitto dall’altro artista ed amatore d’arte Jean Baptiste Claude Richard, abate di Saint-Non (1727-1791). Sullo sfondo, due piccole figure si allontanano risalendo un viale. Tuttavia il disegno, nient’affatto malinconico, trabocca di energia e di gioia comunicativa. Anche in questa sanguigna, infatti, la natura italiana è stata resa con grande forza ed allegria. Questa sanguigna si trova, come detto, nel Musée des Beaux-Arts et d’Archèologie di Besançon in Francia, insieme alle altre nove sanguigne, chiamate comunemente “sanguines de la villa d’Este”, anche se in realtà rappresentano, oltre che la villa d’Este, anche altri luoghi della città di Tivoli.
(gennaio 2025)