“La fontana di Pomona a Villa d’Este” di Jean-Honoré Fragonard

a cura di Roberto Borgia

Ancora Jean-Honoré Fragonard (1732-1806), del quale presentiamo questa splendida sanguigna “La fontana di Pomona e l’ingresso del viale delle cento fontane a Villa d’Este”, cm. 48,8 x 36,1, anno 1760, conservata nel Musée des Beaux-Arts et d’Archéologie di Besançon in Francia. Il disegno mostra, con una fedeltà rimasta nel tempo, la Fontana di Pomona, detta anche Fontana del Mascherone o di Bacco, e a destra, in primo piano, l’inizio del viale delle Cento Fontane. La fontana di Pomona viene così denominata nella famosa incisione “Il sontuosissimo et amenissimo palazzo et giardini di Tivoli” di Étienne Dupérac, che riporta il primitivo progetto di Pirro Ligorio e che subì alcune modifiche nella realizzazione. L’incisione è del 1573, cioè un anno dopo la morte di Ippolito II d’Este, quando i lavori non erano ancora terminati.


Ingrandisce foto La fontana di Pomona a Villa d’Este

La statua della dea Pomona era fra quelle che alla morte del cardinale non avevano ancora trovato una collocazione definitiva; perciò, è possibile sia che Dupérac abbia trasportato sul disegno una ipotesi di sistemazione della statua di cui era a conoscenza, sia che stesse invece rappresentando una breve fase in cui la scultura fu effettivamente esposta nella nicchia. Il paesaggio è uno dei più celebri della serie delle sanguigne di Besançon e uno di quelli in cui l’equilibrio tra gli elementi costruiti e scolpiti dall’uomo e una vegetazione prorompente di vita autonoma, è tradotto nel modo più giusto, grazie soprattutto all’ampio respiro del fogliame dei grandi alberi che si dispiega nella metà superiore del foglio.

Fragonard sembra indugiare sulla decrepitezza e lo stato di abbandono del giardino, nonché sul deterioramento dei muri e delle costruzioni in muratura ricoperte da una vegetazione vittoriosa. Viene spontanea di fronte a questo capolavoro l’espressione dei suoi contemporanei “Jean- Honoré Fragonard, Gens, honorez Fragonard!”. Ricordiamo brevemente che dopo il cardinale Rinaldo d’Este (1618-1672) la villa d’Este era passata a Francesco II, duca di Modena e Reggio (1660-1694), che pure apportò qualche miglioria alla villa stessa. Estintosi il ramo primogenito della famiglia Este, un altro cardinale, Rinaldo, (1655-1737), alla morte nel 1694 del nipote Francesco II, dovette sposarsi, nello stesso anno, con Carlotta Felicita Brunswich-Luneburg assumendo il titolo di Rinaldo III, duca di Modena e Reggio, succedendo anche nel possesso della villa al defunto nipote Francesco II. Non vi sono memorie che Rinaldo III provvedesse alla villa tiburtina, “della quale cominciava ad impallidire ogni splendore”.

La decadenza, stanti gli impegni e le “grane” dei duchi di Modena, continuò ormai senza rimedio, infatti il ministro ducale, Giovanni Pellegrini-Fabrizi, nel 1738 da Tivoli ritornava a Modena. Scriveva Settimio Bulgarini, gentiluomo di Tivoli e guardarobiere della villa d’Este, nell’anno 1736 al rappresentante della casa Este a Roma: “La villa si mantiene gratie a Dio nelle fontane e si augumenta sempre più nelle verdure disposte a spaglieroni…”. Lo stesso Settimio Bulgarini in una lettera del 20 settembre 1750 si congratula con il duca Francesco III per il ritorno al suo Stato, inviando alcuni conti di spesa. Un voluminoso carteggio (dal 1752 al 1758) parla di parziali riparazioni nel terrazzo e nel giardino. Morto Bulgarini nel 1758, il carteggio prosegue con la vedova di lui, Olimpia e di Stefano Antonio Petrucci, fratello di quest’ultima, divenuto amministratore.

Le spese sono ora ridotte ai soli tetti del Palazzo della villa. Di conseguenza troviamo poi un figlio di Rinaldo III nel possesso dei beni tiburtini e cioè Francesco III (1698-1780), proprio all’epoca del soggiorno a Villa d’Este di Fragonard che nell’estate del 1760 soggiornò per circa due mesi proprio a Villa d’Este, presa in affitto dall’altro artista ed amatore d’arte Jean Baptiste Claude Richard, abate di Saint-Non (1727-1791). Sullo sfondo, due piccole figure si allontanano risalendo un viale. Tuttavia il disegno, nient’affatto malinconico, trabocca di energia e di gioia comunicativa. Anche in questa sanguigna, infatti, la natura italiana è stata resa con grande forza ed allegria. Questa sanguigna si trova, come detto, nel Musée des Beaux-Arts et d’Archèologie di Besançon in Francia, insieme alle altre nove sanguigne, chiamate comunemente “sanguines de la villa d’Este”, anche se in realtà rappresentano, oltre che la villa d’Este, anche altri luoghi della città di Tivoli.

(gennaio 2025)

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