Si trattenne in Inghilterra fino al 1891, visitando la Scozia, l'Irlanda ed il Galles, iniziando a dipingere dal vero, ammaliato dalla Campagna inglese e confessando che solo dopo questa permanenza a Londra, da lui chiamata "patria del paesaggio moderno", i suoi occhi si erano finalmente aperti alla luce (non per nulla la Mostra a Palazzo Braschi presenta una sezione dedicata proprio agli acquerelli inglesi, insieme all'altra sezione "Roma e la Campagna").
Durante il soggiorno inglese, come durante i frequenti ritorni, partecipò ad importanti Mostre, esponendo suggestive vedute del Tamigi che furono molto apprezzate dalla critica e dal pubblico ed organizzando anche una scuola di pittura all'aperto per le ragazze della borghesia locale. La tecnica dell'acquerello gli consentiva di conciliare l'esperienza del dato reale con l'immediatezza della visione e tradurre con prontezza questi elementi sulla carta. Ritornato a Roma espose alla Rassegna degli Acquerellisti e fu uno degli animatori della Società "In arte Libertà", fondata da Nino Costa, partecipando attivamente all'attività del movimento e proseguendo nella pratica del paesaggio dal vero, orientandosi però verso una visione più romantica. Scioltasi questa Società fu uno dei fondatori dei "XXV della Campagna Romana", impegnandosi con grande amore ed interesse a ritrarre dal vero i molteplici e svariati aspetti della campagna romana, desolata, silenziosa, malinconica, ma ricca di ricordi della grandezza passata, interpretando con grande sentimento, delicatezza e sensibilità la gaiezza assolata dei suoi paesaggi. All'inizio fu il segretario del gruppo soprannominato la "cicala", mentre in seguito divenne il pittore più rappresentativo, assumendo il soprannome di "capoccetta", titolo già di Enrico Coleman.
Numerosi furono i dipinti che Carlandi dedicò alla sua città e al suo fiume, ma soggetti privilegiati furono anche le ville, le rovine, lo scenario del suburbio. Alla ricchezza del colore, a volte tenera ed ariosa, degli acquerelli del periodo romano si unisce spesso una larghezza di visione che, pur nell'aderenza alla verità dei luoghi, è accentuata dall'assenza o dall'irrilevanza della presenza umana. Attento osservatore della natura, la interpreta come un grande ed inesauribile spartito musicale nel quale le infinite vibrazioni della luce offrono sempre nuove emozioni visive. I dipinti esposti di soggetto tiburtino sono tutti e tre relativi a Villa Adriana: presentiamo l'acquerello su carta, cm. 56 x 61,5, risalente al 1928- 1930, dal titolo appunto "Villa Adriana", dove si potrà ammirare la tecnica mai minuziosa nei primi piani né troppo precisa nei fondi, sempre però rispettosa della forma e del vero. La maestosità del monumento, a meglio ancora del paesaggio, viene resa in maniera particolarmente felice dalla versatilità e dalla particolare efficacia della tecnica dell'acquerello. Sue opere sono conservate a Roma nella Galleria Nazionale d'Arte Moderna, nella Galleria Comunale di Arte Moderna, nella Galleria dell'Accademia Nazionale di San Luca, nel Museo di Roma e a Torino nella Galleria d'Arte Moderna.
(giugno 2011)