"Blindman's Buff (La mosca cieca)” di Jean Honoré Fragonard

a cura di Roberto Borgia

Jean-Honoré Fragonard è il pittore francese che chiude la vicenda della pittura rococò, quando in Europa già si va diffondendo il nuovo gusto neoclassico. È dunque un epigono di un gusto che rimane tuttavia la matrice più pregnante di quel mondo aristocratico che è ancora ben vivo prima che la rivoluzione francese lo faccia scomparire definitivamente. Fragonard è stato un pittore fortemente influenzato da Boucher (1703-1770), per la ricerca di sensualità ed erotismo, e da Watteau (1684-1721), soprattutto per il tema delle "feste galanti". Ma nella sua formazione convergono altre componenti quali la pittura barocca italiana, che egli studiò durante un soggiorno in Italia, e la pittura olandese che egli conobbe in più viaggi che compì nei Paesi Bassi. La sua cultura figurativa gli permise di raggiungere un altissimo grado di virtuosismo pittorico, che è la sua qualità più evidente. Pur se fu un artista non aggiornato al nuovo che emergeva (il neoclassicismo), la sua rimane un'opera di altissima fattura qualitativa, e che per certi versi può essere considerata anticipatrice di quel movimento realista-impressionista che rivoluzionò la pittura francese nella seconda metà dell'Ottocento.
Tratti fondamentali del suo stile sono infatti la ricerca di suggestivi effetti di luce e di colore, una stesura cromatica dove viene data notevole importanza al tocco e alla parte gestuale in genere, la tendenza a rappresentare soprattutto frammenti di vita quotidiana (non momenti storici o eroici), l'evidente esaltazione di quell'attimo fuggente che sintetizza la sensazione di esser vivi in un luogo e in un'ora precisi.


Ingrandisce foto La mosca cieca

L'opera fa parte delle scene "galanti" dipinte da Honoré Fragonard, su evidente influsso dei suoi grandi maestri François Boucher e Jean-Baptiste Siméon Chardin (1699-1799). I toni qui puntano sul giallo intenso con tutte le sue sfumature, conferendo all'insieme un tocco di aerea levità e di innegabile delicatezza. Il rococò rappresenta una fase di una cultura esclusivamente mondana in cui domina il culto della bellezza; in Fragonard, in Watteau o in Chardin tutto è bello e armonioso. Pur se l'artista è a contatto con Watteau e Boucher, induce nelle sue opere una nota meridionale di fresca sensualità pittorica, mai volgare anche quando l'allusione erotica è evidente.

Fragonard divide con i suoi contemporanei il gusto dell'effimero, dei pochi minuti di felicità che focalizzano in qualche modo la fugacità della vita. Fragonard fu dunque sulla scena come un artista colto e versatile, un vero virtuoso della pittura nel senso più decorativo e spettacolare, capace di interpretare perfettamente i gusti rococò di un'aristocrazia elegante e vacua, intenta alle feste e ai giochi amorosi; che infine lo tralascerà, appassionata alle novità neoclassiche.
In questo dipinto Blindman's Buff (La mosca cieca), probabilmente 1765, National Gallery of Art, Washington D. C., USA. Olio su tela, cm. 216,2 x 197,8, (acquistato nel 1954 dalla Samuel H. Kress Foundation di New York e donato nel 1961 alla National Gallery of Art) è evidente la statua della dea Roma eseguita dall'artista Pierre de la Motte, presente nella fontana cosiddetta della Rometta a Villa d'Este. Lo stesso Pierre de La Motte eseguì la scultura raffigurante la lupa che allatta Romolo e Remo, scultura collocata a fianco di questa.
Riguardo Villa d'Este ricordiamo che, estintosi il ramo primogenito della famiglia Este, il cardinale, Rinaldo, (1655-1737), alla morte nel 1694 del nipote Francesco II, dovette sposarsi nello stesso anno con Carlotta Felicita Brunswich-Luneburg, assumendo il titolo di Rinaldo III, duca di Modena e Reggio, succedendo anche nel possesso della villa al defunto nipote Francesco II.

Non vi sono memorie che Rinaldo III provvedesse alla villa tiburtina, "della quale cominciava ad impallidire ogni splendore". Di conseguenza troviamo poi un figlio di Rinaldo III nel possesso dei beni tiburtini e cioè Francesco III (1698-1780) ed arriviamo quindi al periodo del soggiorno di Jean-Honoré Fragonard (1732-1806) a Villa d'Este nell'estate del 1760. Scriveva Settimio Bulgarini, gentiluomo di Tivoli e guardarobiere della villa d'Este nell'anno 1736 al rappresentante della casa Este a Roma: "La villa si mantiene gratie a Dio nelle fontane e si augumenta sempre più nelle verdure disposte a spaglieroni.".
Morto Bulgarini nel 1758, il carteggio prosegue con la vedova di lui, Olimpia e di Stefano Antonio Petrucci, fratello di quest'ultima, divenuto amministratore. Le spese furono ridotte ai soli tetti del Palazzo della villa. Incominciarono allora le trattative per una vendita o affitto della villa ed infatti nell'estate del 1760 la villa d'Este risulta presa in affitto dall'Abate di Saint-Non, che vi dimorò con Fragonard. Nulla della decadenza appare in questa reminiscenza, la meravigliosa vegetazione che avviluppava le fontane ed ogni angolo della villa sarà invece immortalata nelle famose sanguigne del Musée des Beaux-Arts et d'Archéologie di Besançon in Francia.
(marzo 2011)

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