Secondo la tradizione, la fondazione della chiesa
risalirebbe a Santa Silvia della gens Anicia, madre di San
Gregorio Magno; lei avrebbe donato un Palazzo, ricevuto in
dote, al monastero romano di Sant'Andrea e Gregorio ad Clivium
Scauri che lo modificò facendone una chiesa.
La prima
documentazione certa, relativa alla chiesa di Sant'Andrea,
si trova in un registro tiburtino del 945 d.C. in cui papa
Marino II autorizza il vescovo di Tivoli, Uberto, a riscuotere
i canoni dei fondi della Chiesa; nel documento essa è
citata cinque volte. Sant'Andrea a quel tempo doveva sorgere
fuori della cinta muraria romana e forse era poco più
di una casupola.
Con l'ampliamento della città e della nuova cinta muraria voluta da Federico Barbarossa iniziò la sua ascesa per cui tra il XII ed il XIII sec. la casupola fu completamente rifatta per dar luogo ad una splendida chiesa di proprietà forse dei Camaldolesi dal tempo in cui San Romualdo passò a Tivoli regnando Ottone III. Negli "Annales Camaldulenses" (cap. IV pag. 70) si cita come fosse di loro proprietà un monastero di Sant'Andrea a Tivoli rimasto in loro possesso fino al XIX sec.
Nel XVI
sec. la chiesa fu divisa in tre parti assegnate a Parrocchie
vicine;
i Camaldolesi del monastero dei SS.Andrea e Gregorio
ad Clivium Scauri la usarono come luogo per la villeggiatura
affidandone la manutenzione al parroco, che per svolgere questa
incombenza era ripagato con sei scudi ed alcuni boccali d'olio
destinati a tener accesa la lampada del Santissimo. Il Consiglio
Comunale tiburtino, per ringraziare l'interessamento presso
Ottone III espresso da San Romualdo a favore di Tivoli, decise
di dare due ceri annui alla chiesa di Sant'Andrea.
Alla fine
del XV sec. o forse all'inizio del XVI sec. risale la modifica dell'abside
non che la sua decorazione esterna fatta con mensole a dentelli
in cotto di puro stile classico; ancora nel Rinascimento fu
abbattuto il porticato (narcete) per ampliare la chiesa per
cui il campanile, che era inizialmente attaccato al portico,
venne inglobato nella chiesa.
A poco a poco l'edificio sacro andò in rovina e nel
1835 si verificò un incendio che distrusse la sala
delle riunioni dove si riuniva la Compagnia del Ponte (sorta
nella seconda metà del XIV sec.) presso predetta chiesa
anch'essa devastata. Su richiesta della Compagnia del Ponte
(Ponte San Rocco) i Camaldolesi la cedettero il 2 agosto 1839.
La Compagnia provvide a ristrutturare la chiesa ed a trasportarvi
la statua di San Rocco.
Sostanziosi restauri furono infine compiuti nel 1887 come è testimoniato dall'iscrizione sulla facciata "In honorem B.Andreae Apostoli generosus De Philippis Magister prior sodalium B.M. Virginis front. refecit Anno Christ. 1894".
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